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mercoledì 23 febbraio 2011

"Error 404: page not found" web-manuale della ribellione

CENSURA

La rete come moltiplicatore di idee e di rivendicazioni. E i regimi dittatoriali la spengono per zittire la voce delle proteste. Che strumenti hanno per farlo e come ci riescono. Ma gli oppositori sanno come aggirare i divietidi ARTURO DI CORINTO 

 


NESSUNO può negare che Internet abbia svolto un ruolo importante nelle insurrezioni che hanno portato alla fuga di Ben Alì prima e di Mubarak e (forse) Gheddafi dopo. La rete si è infatti offerta prima come piattaforma di denuncia della corruzione e della rabbia popolare e poi come strumento di organizzazione e coordinamento delle azioni di protesta, moltiplicandone la forza. Ma non è cominciato tutto da lì. Anche se le proteste erano state preparate dal sotterraneo lavorio di blogger e attivisti che hanno spesso pagato col carcere e la tortura la loro denuncia del regime, bisognava aspettare la rivolta del pane per capire fino a che punto aveva scavato il malcontento.

Le proteste in Tunisia sono scoppiate dopo che un venditore ambulante si è dato fuoco per protestare contro le continue angherie della polizia. Solo dopo è partita una mobilitazione generale in cui quello che accadeva nelle strade veniva comunicato al mondo via Internet e poi rimbalzato da radio e tv indipendenti per essere ripreso e sparato su Twitter, Facebook, Youtube ed altri social media producendo un effetto di emulazione nei paesi vicini. Quando i regimi si sono accorti della potenza moltiplicatrice  della rete, hanno provato a bloccarla, riuscendovi, anche se solo per poco.
 

GRAFICO: TRAFFICO WEB IN LIBIA


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