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domenica 15 marzo 2015

Con la lama dell’Isis alla gola

Finte esecuzioni, video, scimitarre Il racconto del giornalista spagnolo rapito dai terroristi e tornato a casa

 Il filo della scimitarra mi sfiorava la giugulare. Ai Beatles - era questo il soprannome che avevamo dato ai tre miliziani - piaceva molto la messinscena. Mi avevano fatto sedere per terra. Scalzo. La testa rapata e la barba incolta e indosso l’«uniforme» arancione che ha reso così tristemente famosa la prigione americana di Guantánamo.
John si divertiva a esagerare il melodramma, accarezzandomi il collo con l’acciaio senza smettere di parlare.
«Lo senti? È freddo, vero? Pensa al dolore se te lo affondassi nel collo. Un dolore tremendo. Il primo colpo ti taglia le vene e sputi saliva e sangue».
L’estremista si era fatto portare apposta la scimitarra, un’arma d’epoca, una spadona come quelle che usavano gli eserciti musulmani nel Medioevo, la lama lunga quasi un metro, con l’elsa argentata.
«Il secondo colpo ti squarcia il collo. Già non respiri più dal naso, ma direttamente dalla trachea. Cominci a fare versi strani, a gorgogliare. L’ho già visto. Ti contorci come un animale, come un maiale. Il terzo colpo ti stacca la testa. Poi te l’appoggio sulla schiena». 

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