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giovedì 3 novembre 2016

Dentro Mosul, tra la gente che abbraccia i soldati iracheni: "L’Isis all’inferno"

Con i militari che avanzano da Est nella capitale del Califfato, ma si combatte ancora


MOSUL. Al risveglio, con la luce del sole, anche l'incubo dell'Isis smette di far paura. Incredula, scossa, affannata, la gente di Mosul si affretta verso le Humvee blindate della Golden Division irachena e dà solo uno sguardo distratto agli uomini che ieri temeva. I corpi di due jihadisti in mimetica e scarponi giacciono abbandonati nel fango. Gli orchi che minacciavano e tormentavano adesso sono solo miseri resti, più che rabbia ispirano pietà. "Uno di loro l'ho ucciso io", racconta Abbas, soldato delle truppe scelte: "Sono stato fortunato, perché mi aveva scambiato per uno di loro. Temevo avesse una cintura esplosiva, ma non era così, Dio mi ha protetto". Gli integralisti uccisi in quest'area, dice il maggiore Zia Thamer, sono 27. Molti di loro erano foreign fighters: dieci azeri, parecchi "cinesi", o comunque dai tratti asiatici.

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