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domenica 21 ottobre 2018

«Omissioni incredibili, ecco come dribblarono i collaudi sul viadotto»

I tiranti del pilone 11, rimasto in piedi: ristrutturati nel 1993. Poi nessun altro intervento
Genova. A poco più di due mesi dalla strage, l’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi (43 vittime) ha il primo supertestimone «interno». È un dirigente del ministero dei Trasporti, Bruno Santoro, è a sua volta indagato e il 29 settembre ha deciso di offrire la propria verità agli investigatori, con un lungo colloquio verbalizzato in dieci pagine.
Ha spiegato che Autostrade seguì procedure «incredibili», «assurde» e «inaccettabili», sottodimensionando l’urgenza di’interventi cruciali e potendo per questo evitare «il collaudo» del viadotto, da cui si sarebbe generato un effetto domino di verifiche e limitazioni devastante per la società; ha spiegato che dirigenti e funzionari del suo dicastero hanno violato «obblighi», contribuendo a evitare che sul Morandi si accendessero riflettori più potenti; ha rimarcato come gli ispettori, sia pubblici sia privati, delegati alle ricognizioni sul campo, abbiano omesso comunicazioni decisive. E ha fornito dettagli e nomi, con una postilla: «È evidentissimo che molte cose non abbiano funzionato nel rapporto tra Ministero e Autostrade...».

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