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lunedì 29 ottobre 2018

Tap, il ministero di Di Maio smentisce Di Maio: nessuna penale. Conte: ci sono, fino a 35 miliardi

E' peggio rispetto alla vicenda Ilva. Il via libera del Governo giallo-verde al Tap, che dal 2020 porterà nel Salento, via Mar Adriatico, il gas dell'Azerbajian, “terremota” i Cinque Stelle, soprattutto quelli pugliesi, ed apre una nuova, profonda frattura tra base e vertice del movimento. Ma anche i consiglieri regionali pugliesi M5S sono in subbuglio. Come a settembre scorso dopo l'accordo al Mise con Arcelor Mittal, volano le accuse: “traditori”, “ci avete ingannato”, “ora dovete solo dimettervi”. Il bersaglio sono i parlamentari pentastellati ma soprattutto due ministri: Barbara Lezzi, Leccese, che guida il ministero per il Sud, e Luigi Di Maio, vice premier e responsabile dello Sviluppo economico.

Per molti versi, sembra di rivedere un film già visto. La dimostrazione plastica di come le promesse dispensate a piene mani in campagna elettorale, e che hanno consentito ai Cinque Stelle, nel Salento come a Taranto, di fare il pieno di voti (“chiudiamo Ilva e blocchiamo Tap”), non hanno retto più di quattro-cinque mesi. Ma, pur se ci sono molte analogie, una differenza tra i due casi esiste. E non è da poco. Mentre su Ilva, al di là di fughe in avanti da parte di alcuni pentastellati più inclini alla chiusura, il movimento ha percorso il filo dell'ambiguità, battendo sulla chiusura delle fonti inquinanti e non facendo capire bene cosa in realtà volesse, sul gasdotto Tap, invece, la posizione è stata più netta.

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