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venerdì 19 aprile 2019

Salvini-Di Maio mai così vicini al punto di non ritorno

Così vicini al punto di rottura non c’erano mai stati. E non solo per la guerra di dichiarazioni che è andata in onda ieri per tutta la giornata ma per i “simboli” che questo duello tra Salvini e Di Maio ha toccato. Innanzitutto il terreno dello scontro sono le inchieste giudiziarie, un campo su cui i 5 Stelle non possono permettersi di cedere, soprattutto nel pieno della campagna elettorale. E dunque non appena è arrivata la notizia dell’indagine per corruzione a carico di Armando Siri, sottosegretario leghista, è subito partita la richiesta di dimissioni da Di Battista e poi da Di Maio, mentre Toninelli gli toglieva le deleghe dal ministero delle Infrastrutture. Ma qui si è innescato il punto di non ritorno: perché toccare Siri è come toccare il “Capitano” data la vicinanza tra i due.
Del resto, lui si è avvicinato alla Lega proprio con Salvini e il legame politico è stretto da una bandiera: la proposta della flat tax di cui Siri è il teorico. Così la controffensiva leghista è partita subito. Prima al Consiglio dei ministri dove pare che le liti tra i due alleati abbiano toccato nuovi picchi, dopo per via pubblica con una raffica di dichiarazioni (ordinate da Salvini) fatte dai capigruppo leghisti di Camera e Senato oltre che da ministri come Centinaio. Obiettivo: Virginia Raggi. Anche lei un simbolo per i 5 Stelle ma che Salvini ha messo nel mirino da un po’ e che ieri ha colpito per affondare: «Non è adeguata a fare il sindaco», ha detto in serata da Bruno Vespa.
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