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lunedì 11 novembre 2019

Trattativa, Berlusconi testimone sceglie di avvalersi della facoltà di non rispondere

L’ex presidente del Consiglio, che era stato citato dalla difesa di Dell'Utri, ha negato anche il permesso di farsi riprendere e fotografare in aula. Respinta la richiesta della difesa di Dell'Utri di proiettare in aula una conferenza stampa del leader di Forza Italia il giorno della sentenza di primo grado


Nessuna risposta, ma anche nessuna immagine. Non doveva esistere una foto di Silvio Berlusconi seduto al banco dei testimoni del processo d’Appello sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. L’ex premier, si sa, è uomo di televisione: poteva mai acconsentire a farsi filmare al centro dell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, quella costruita per il Maxiprocesso? Che colpo sarebbe stato per l’immagine del leader di Forza Italia farsi ritrarre sulla stessa sedia della testimonianza di Tommaso Buscetta? E allora ecco che dell’ex premier esistono solo le mani che afferrano il microfono per sussurrare poche definitive parole: “Su indicazione dei miei avvocati, mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Grazie, grazie a tutti”. Pochi secondi, anche meno di quelli previsti visto che la corte d’Assise d’Appello ha dimenticato di chiedere le generalità all’illustre testimone.

Così non ha aiutato Dell’Utri – Un silenzio annunciato quello di Berlusconi Silvio, nato a Milano il 29 settembre del 1936. L’ex premier, infatti, era un teste assistito, visto che è indagato di reato connesso a Firenze: è iscritto nel registro degli indagati della procura toscana per le stragi del 1993 a Milano, Firenze e Roma e per gli attentati del 1994. Uno status che gli ha consentito di rimanere in silenzio. E pazienza se in questo modo non ha aiutato l’amico di una vita: Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado alla Trattativa a 12 anni di carcere. Era stato l’avvocato dell’ex senatore, Francesco Centonze, a chiedere la deposizione di Berlusconi. Una citazione che aveva spinto i legali dell’ex premier, Niccolò Ghedini e Franco Coppi, a farsi certificare dalla procura di Firenze le 23 contestazioni mosse nei confronti del loro assistito. 


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