Il 4 giugno la voce degli operatori si spegne per protestare contro la delocalizzazione selvaggia e la logica al ribasso delle aziende. Per molti è l’unica spiaggia del lavoro regolare: ecco le loro storie
Il telefono non risponde. Mercoledì 4 giugno potreste trovare
inagibili i numeri verdi o diretti dei tanto vituperati call center, a
cui tutti ci rivolgiamo per problemi di mal funzionamento e di
assistenza telefonica. E’ il giorno dell’orgoglio, celebrato con uno
sciopero nazionale della categoria con una manifestazione di piazza a
Roma. Tra le ragioni un “j’accuse” forte e chiaro contro chi sgarra. Ci
sono aziende che non rispettano le regole, che usano la delocalizzazione
selvaggia all’estero per pagare di meno i lavoratori.
Ci sono bandi che vengono vinti con la nefasta logica del massimo
ribasso, anche per questo la qualità rischia di scendere, e l’utente si
arrabbia. Eppure, da metafora della precarietà i call center o contact
center, in particolare in outsourcing, sono cambiati. Vi lavorano 80mila
operatori e le aziende sviluppano 1,3 miliardi di fatturato. Per molte
persone i call center rappresentano l’unica spiaggia del lavoro
regolare. Come per Donato Russo, per esempio, siciliano di Agrigento,
che per trovare lavoro si è spostato a Catania: “Ho iniziato a fare
molti lavoretti – racconta - nel campo dell’informatica. Poi sono
entrato con contratti interinali in alcuni call center. In Almaviva
Contact ho iniziato a lavorare come interinale nel 2009 e dopo un paio
di anni sono stato assunto con contratto part time a tempo
indeterminato”. Donato mentre lavorava è riuscito anche a laurearsi in
informatica nel novembre 2012. Vive in affitto con la sua compagna e non
ha figli. Gli stipendi di un part timer vanno da 600 fino a un massimo
di mille euro se ci sono straordinari, notturni o festivi. “Ho iniziato
con qualche scetticismo – conclude Donato - ma ora mi trovo bene, anche
se il mio sogno, oltre ad avere un’attività in proprio, è anche quello
di crescere e poter fare carriera all’interno dell’azienda”.
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