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venerdì 16 novembre 2018

Decreto Genova, è legge anche l’articolo sui fanghi in agricoltura. Ho una domanda per M5s

Con la conversione in legge del decreto governativo per il disastro di Genova, è diventato legge anche l’articolo 41, quello, cioè, che, “per superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione” per l’agricoltura, ha elevato ampiamente, per numerose sostanze tipicamente industriali e pericolose, i limiti che la Cassazione nel 2017 aveva indicato: in primo luogo, gli idrocarburi dove da 50 mg/kg si passa a 1000; anzi a molto di più perché l’art. 41 prescrive che per gli idrocarburi, a differenza di tutti gli altri inquinanti, la valutazione venga fatta sul “tal quale” e non sulla “sostanza secca” (ss); e cioè sul campione diluito dall’acqua sempre presente nei fanghi (ed aumentabile al momento dell’esame): di modo che 1000 sul tal quale, in realtà, significa 8000 ed oltre sul secco.

Se oggi torno sull’argomento è per un chiarimento doveroso verso il Movimento 5 stelle che ha sempre dimostrato grande sensibilità per l’ambiente e, in particolare, per la problematica della presenza di idrocarburi in questi fanghi. Al punto che quando, nel settembre 2017, la giunta Maroni elevava il limite a 10.000, i suoi consiglieri regionali esprimevano critiche pesanti;  osservando, tra l’altro, che la delibera si poneva in contrasto con la sentenza della Cassazione e che “la Regione non può permettersi di sparare discrezionalmente limiti a suo piacimento e, soprattutto, avrebbe dovuto tenere conto della salute dei cittadini, come fa appunto la sentenza della Cassazione. Eppure è una sentenza chiara, cristallina ed è motivata da una legittima preoccupazione per la salute dei cittadini…” (Iolanda Nanni, 18 dicembre 2017). Anzi, richiamando proprio questa sentenza, favorivano un ricorso di 51 sindaci al Tar Lombardia, il quale il 20 luglio 2018 dava loro ragione, annullando la delibera Maroni e confermando i limiti indicati dalla Cassazione.
Dandone notizia, il Movimento 5 stelle Lombardia, il 31 luglio 2018, ribadiva in un comunicato che “se con una delibera regionale, contro ogni logica, alziamo da 50 a 10.000 il valore limite degli idrocarburi nei fanghi, è logico che il Tar dica alla Lombardia di tornare sui propri passi”; e respingeva ogni “logica emergenziale” in quanto “in Lombardia c’è una emergenza fanghi solo perché li importiamo da tutta Italia”.

Anzi, il 13 settembre i consiglieri regionali 5 stelle informavano di un incontro da essi ottenuto con il nuovo ministro dell’Ambiente, generale Sergio Costa, ed alcuni dei sindaci vittoriosi al Tar; ed in quell’occasione il Consigliere Roberto Cenci affermava giustamente che “occorre evitare il rischio che, cavalcando l’emergenza, si finisca per imporre limiti incapaci di garantire la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini”.

Pochi giorni dopo, con il decreto Genova, arrivava l’articolo 41 che, si basa su una logica emergenziale e pone limiti totalmente incompatibili con quanto stabilito dalla Cassazione, confermato dal Tar Lombardia e, fino a quel momento, difeso a spada tratta dal Movimento 5 stelle. Eppure, dandone notizia ai primi di ottobre, i portavoce del Movimento 5 stelle per la Lombardia definivano l’articolo 41 una “vittoria M5S”.
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L’allarme Coldiretti: olio d’oliva e parmigiano indicati come non salutari da alcuni Paesi

La proposta all’Onu della «Foreign Policy and Global Health (Fpgh), di cui fanno parte Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia, rischia di mettere in pericolo i nostri prodotti

Allarme della Coldiretti contro «bollini allarmistici o tasse utilizzati dal Sudamerica all’Europa, che sostengono modelli alimentari sbagliati e dissuadono dal consumo di alimenti come olio extravergine, Parmigiano Reggiano o prosciutto di Parma che rischiano di essere ingiustamente diffamati». La Coldiretti attacca il progetto di risoluzione presentato a Ginevra dai sette Paesi della «Foreign Policy and Global Health (Fpgh)» — cioè Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia — che verrà discusso dall’Assemblea Generale dell’Onu a New York entro l’anno e che «esorta gli Stati Membri ad adottare politiche fiscali e regolatorie che dissuadano dal consumo di cibi insalubri». Per cibi insalubri vengono indicati quelli che «contengono zuccheri, grassi e sale» per i quali si chiede di «predisporre apposite etichette nutrizionali e di riformulare le ricette, sulla base di un modello di alimentazione artificiale ispirato dalle multinazionali che mette di fatto in pericolo — denuncia la Coldiretti — il futuro dei prodotti Made in Italy».
Bollini e semafori
Il rischio, prosegue l’associazione degli agricoltori, «è che vengano promossi in tutto il mondo sistemi di informazione visiva come quello adottato in Cile dove si è iniziato a marchiare con il bollino nero, sconsigliandone l’acquisto, prodotti come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto e, addirittura, gli gnocchi facendo crollare le esportazioni del made in Italy agroalimentare (-12% nei primi sette mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente)».

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La protesta dei lavoratori della Nilfisk di Lodi, che delocalizza in Ungheria e Danimarca

L'Aria Che Tira torna alla Nilfisk dopo che l'azienda ha aperto una procedura di licenziamento collettivo per 96 dipendenti su 138. Claudia Andreozzi intervista Marina Mangoni, dell'ufficio Ricerca e Sviluppo

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Brexit, cosa succede se l’accordo con l’Ue salta?

Dazi e porti al collasso, status incerto per i residenti, forse torna il roaming. Crolla la sterlina, Pil giù fino al 6%: ecco perché il «no deal» fa paura.

Perché la Gran Bretagna rischia di uscire dalla Ue senza accordi?
Londra ha invocato il 29 marzo del 2017 l’Articolo 50 dei Trattati europei, quello che disciplina l’uscita di un Paese dall’Unione. In base ai Trattati, due anni dopo il «lancio» dell’Articolo 50 un Paese è automaticamente fuori dalla Ue, con o senza accordi: ecco perché il 29 marzo del 2019 la Gran Bretagna si troverà in ogni caso fuori dalla Ue.
Cosa comporta l’uscita senza accordi?
Se la Gran Bretagna arriva al 29 marzo senza aver approvato un accordo con Bruxelles, diventerà un «Paese terzo» che si rapporterà all’Unione sulla base delle regole del Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

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Via quattro ministri, il governo britannico nel caos

giovedì 15 novembre 2018

Dl Genova, bagarre in Senato. Toninelli esulta con il pugno, le opposizioni insorgono e Casellati lo riprende

Bagarre nell’aula del Senato dopo l’approvazione del decreto Genova. Il motivo? L’esultanza del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che ha alzato il pugno ripetutamente come segno di giubilo. Così le opposizioni, Pd e Forza Italia su tutte, hanno protestato in modo vivace. Il capogruppo azzurro Anna Maria Bernini, ha attaccato il ministro: “Toninelli ha alzato il pugno durante l’approvazione. Non venga più in quest’aula ad alzare i pugni! Non glielo permetteremo”. A riprendere il ministro, dopo aver sospeso l’Aula, la stessa presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati: “Mi dicono che Toninelli avrebbe gesticolato in modo non molto commendevole per un ministro e io devo necessariamente riprendere certi atteggiamenti”

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Solidarietà, arrivati 3 tir carichi di doni per gli sfollati della “zona rossa”

Genova - A tre mesi dal crollo di Ponte Morandi proseguono i gesti di solidarietà per le persone colpite più direttamente da questa tragedia. Proprio in questi giorni in città sono arrivati tre tir da diciotto metri dei supermercati IN’s Italia contenenti circa 110 bancali di oggettistica di vario tipo: pentole, stoviglie, vestiario, giocattoli, cartoleria, piccoli elettrodomestici e piccoli mobili donati alle Misericordie d’Italia.
Tutto il materiale è stato ricevuto presso il centro di raccolta del Comune di Genova “Angei de Zena” a Certosa e da qui verrà presto distribuito alle famiglie sfollate e ai dipendenti delle aziende della Zona Rossa che sono stati licenziati o che si trovano in grave difficoltà a causa del crollo.
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La Presidente della Commissione Diritti Umani è a favore di ruspe e ronde contro rom e migranti

La Lega ha proposto e fatto eleggere (grazie ai voti del Movimento 5 Stelle) alla Commissione dei Diritti Umani del Senato la senatrice Stefania Pucciarelli, favorevole alle “ruspe” nei campi rom, alle ronde dei fascisti del terzo millennio contro i migranti e chiamata in causa (poi archiviata) per aver messo un like a un utente che voleva dare “forni” e non case popolari agli stranieri.


La senatrice della Lega Stefania Pucciarelli è stata eletta Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato (la vicepresidenza è andata al Movimento 5 Stelle, con il senatore Alberto Airola). Pucciarelli, che succede al parlamentare del Partito Democratico Luigi Manconi, è stata preferita alla candidata delle opposizioni Emma Bonino, che ha ottenuto solo otto voti. La scelta della senatrice leghista alla guida della Commissione Diritti Umani appare quantomeno singolare, considerando alcune posizioni espresse negli ultimi mesi, in relazione a fatti di stretta attualità. Solo pochi giorni fa, ad esempio, Pucciarelli esultava per la demolizione di un caseggiato in un campo nomadi, rivendicando come “le ruspe” fossero una battaglia storica della Lega. L’esponente leghista, vicina alle tesi dei colleghi Pillon e Fontana, è nota anche: per le sue battaglie nei confronti dei “finti profughi” e contro le politiche che “privilegiano la manodopera dei migranti” rispetto a quella italiana; per aver difeso le ronde di Casa Pound; per aver applaudito alle norme di "contrasto" ai mendicanti; per aver definito “palese atto di egoismo e inaccettabile pretesa”  la questione della genitorialità omosessuale.

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Gregorio De Falco rischia l’espulsione dal MoVimento 5 Stelle?


Decreto Genova, 7 senatori M5S non partecipano al voto sul condono a Ischia

Decreto Genova, ostruzionismo Pd contro condono a Ischia: Toninelli attacca l’opposizione



Arriva “Attila” e porta il gelo su tutta Italia, saranno i giorni più freddi dell’anno

Meteo«Attila» porta l’inverno: ecco come cambierà il climasull’Italia nei prossimi giorni. Grandi manovre dell’alta pressione che sta regalando in questi giorni l’estate di San Martino. Da venerdì l’anticiclone migrerà verso la Scandinavia favorendo l’arrivo di aria fredda direttamente dalla Russia con «Attila» che farà piombare l’Italia in pieno inverno. Il team de iLMeteo.it comunica che il clima sarà ancora piuttosto mite fino a giovedì con bel tempo prevalente e ultime nebbie sulla Pianura padana.
Arriva il freddo artico in Italia: da nord a sud temperature giù anche di 15 gradi
Avete preparato i cappotti? Sì, perché già da questo fine settimana arriverà il freddo gelido, una vera irruzione artica della stagione in quasi tutta Italia. Tra ieri e oggi scenderà una gelida colata artica sia nella nostra Penisola che nei Balcani, con masse d’aria fino a – 35/- 37° a 5000 m circa, -18/-20°C a 3000m e -12/-15°C a 1500m, le zone più colpite saranno le Alpi estere, i Balcani, le Adriatiche, una gran parte del Meridione e le interne tirreniche.
Ma il freddo continuerà ed anzi si accentuerà nella prossima settimana quando la neve potrebbe cadere fino in pianura, almeno al Nord e di giorno non si supereranno i 6°C con gelate notturne fino in pianura.

C'è un'Italia che si arrende: 20mila negozi hanno abbassato la saracinesca (per sempre)

C'è un'Italia che si arrende: 20mila negozi hanno abbassato la saracinesca (per sempre)
Tra gennaio e settembre di quest'anno i negozi italiani hanno registrato 900 milioni di euro di vendite in meno rispetto al 2017: migliaia di esercizi commerciali hanno chiuso
C'è un'Italia che si arrende: 20mila negozi hanno abbassato la saracinesca (per sempre)
I negozi sentono il fiato della crisi sul collo. I numeri sono impietosi. Tra gennaio e settembre di quest'anno i negozi italiani hanno registrato quasi 900 milioni di euro di vendite in meno rispetto al 2017, la flessione peggiore da cinque anni a questa parte. Un crollo che ha accelerato la mortalità delle imprese: nei primi nove mesi del 2018 Confsercenti stima che abbiano abbassato la saracinesca circa 20mila negozi indipendenti. È quanto emerge da un'analisi condotta sulla base di dati Istat.
C'è un'Italia che si arrende: 20mila negozi hanno abbassato la saracinesca (per sempre)
A rallentare paurosamente non sono solo i negozietti "di quartiere", perché i dati negativi riguardano anche le grandi catene. La flessione, continua, registrata dai negozi nei primi tre trimestri dell'anno (-2% dei prodotti non alimentari) è infatti la più forte dal -2,9% del 2013, all'apice della recessione dei consumi che ha colpito il nostro Paese nel triennio 2012-2014. Una crisi da cui la maggior parte dei negozi ancora non è uscita, registrando risultati lievemente sopra lo zero per le vendite nel 2015 e nel 2016, tornando già in territorio negativo nel 2017. E la frenata non riguarda solo i negozi indipendenti. Anche la grande distribuzione organizzata, infatti, mostra segnali di sofferenza: tra gennaio e settembre le vendite sono cresciute appena dello 0,2%, in forte arretramento rispetto al +2% segnato lo scorso anno.
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È la legislatura più inoperosa della storia. Alla Camera ci sono rimasti i fantasmi

Allo scoccare dei suoi cento anni, l'Aula di Montecitorio si svela desolatamente vuota. Di persone, di leggi, di vita. Implacabili le statistiche: due provvedimenti nei primi cento giorni di governo, dieci sedute al mese. Ed è solo la punta dell'iceberg di una centralità perduta

È la legislatura più inoperosa della storia. Alla Camera ci sono rimasti i fantasmi 
Siamo arrivati, cent’anni dopo, al bivacco sui divanetti. Fuori dall’Aula - più o meno sorda e grigia - direttamente fuori. Ma che ci fosse un difetto originario di prospettiva, un pervicace torcersi delle cose nel loro opposto, poteva essere chiaro fin dall’inizio. Quando, inaugurando la nuova Aula della Camera, il 20 novembre 1918, Giuseppe Marcora, presidente della Camera dei deputati del Regno d’Italia, cominciò il suo discorso «Per la vittoria», conquistata due settimane prima nella Prima guerra mondiale, con queste parole: «Onorevoli colleghi, l’Italia è compiuta». Complimenti per la previsione. Quel giorno, raccontano le cronache dell’epoca, anche le tribune in cima all’Aula erano piene fino all’orlo. Rappresentanti dei mutilati di guerra, delle terre redente, gente comune in attesa per ore per assistere all’evento. Cent’anni dopo, Montecitorio, pur avendo in teoria nell’era giallo-verde forse più senso che mai, si ritrova di fatto svuotato: di persone, di leggi, si direbbe di vita.


I deputati si aggirano come sperduti in corridoi rimbombanti. Le statistiche hanno detto che i più assidui sono 90. Il simbolo di questa epoca può essere il velista Andrea Mura: eletto con i Cinque Stelle, in piena estate ha chiarito essere più utile fuori del Parlamento che dentro. Una Camera zombie. Dove capitano settimane nelle quali non si sappia cosa scrivere sugli ordini del giorno (esempio: la terza di luglio. Altro esempio: la terza di settembre). Le statistiche dicono infatti che questo è il Parlamento più inoperoso della storia repubblicana: e lo è, per paradossale che possa sembrare, nel momento in cui a conquistare la maggioranza è proprio un movimento che predicava di aprire i Palazzi come «una scatoletta di tonno».

I numeri sono implacabili: due leggi votate nei primi cento giorni del governo, il decreto dignità e il mille proroghe, sedute al ritmo di dieci al mese (67 tra metà marzo a metà ottobre, i dati più recenti), 15 leggi definitivamente approvate, di cui 9 conversioni di decreti legge. Ma forse, anche viste e considerate le circostanze eccezionali di quest’avvio di legislatura (quasi novanta giorni senza governo) vi è anche da dire come quest’esiguità sia forse solo la punta dell’iceberg - per un universo che più che mole di numeri sembra aver perso centralità .

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mercoledì 14 novembre 2018

Il bambino che dona al sindaco 5 euro: «Ecco i miei risparmi per rivedere i boschi sui monti»

LA STORIAMIRA (VENEZIA) «Ho visto al telegiornale com'erano ridotti i boschi che conoscevo. Mi è dispiaciuto e ho pensato di aiutare il sindaco con i miei risparmi». Così ha preso carta e penna, ha allegato 5 euro e al sindaco di Rocca Pietore, uno dei più danneggiati dal maltempo in Agordino, ha scritto: «Sono Achille, ho 9 anni e abito a Mira (Venezia). Mi piace molto andare in montagna e siccome mi dispiace per quello che è accaduto vorrei rivedere le montagne con i boschi perché da grande mi piacerebbe entrare nel Corpo Forestale....

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Già raccolto un milione di euro. Zaia commosso: «Veneti, vi ringrazio uno per uno»


Maglietta choc con la scritta Auschwitzland: indagata lʼattivista di Forza Nuova

La Procura di Forlì ha aperto un fascicolo a carico di Selene Ticchi D’Urso, che il 28 ottobre aveva partecipato alla manifestazione dei nostalgici. La conferma è arrivata dal procuratore Maria Teresa Cameli: “Fatto grave, non è una leggerezza”.

Selene Ticchi D'Urso, l'attivista di Forza Nuova – poi sospesa – è indagata dalla Procura di Forlì, che ha aperto un fascicolo a suo carico. La conferma è arrivata dal procuratore Maria Teresa Cameli, senza entrare nel merito dell’indagine e del reato contestato. lo scorso 28 ottobre a Predappio, durante manifestazione dei nostalgici del fascismo nel giorno dell'anniversario della Marcia su Roma, aveva indossato la maglietta nera con la scritta Auschwitzland, realizzata con la stessa grafica utilizzata dalla Disney. La vicenda era approdata sui tavoli del procura dopo una denuncia dell'Anpi in cui si sostiene che la marcia "ha rappresentato l'occasione per una rievocazione criminale del fascismo: dalle divise al saluto romano, è stato tutto un celebrare il ventennio, in spregio della barbarie che esso ha rappresentato”.

"Si tratta di un fatto molto grave, che non può essere giustificato come una leggerezza o un eccesso di goliardia – ha detto il procuratore Maria Teresa Cameli -. I fatti della seconda guerra mondiale, e in particolare dello sterminio degli ebrei, grondano sangue e debbono sempre e solo suscitare rispetto e commozione". Come detto, il procuratore non ha chiarito quali siano le ipotesi di reato contestate alla Ticchi. L’eco del caso della t-shirt era arrivato anche in Polonia col Museo di Auschwitz, che aveva deciso denunciarla. Stessa scelta fatta dai partigiani dell’Anpi, che hanno presentato una denuncia-querela nei confronti dei partecipanti della manifestazione e della stessa attivista. Per lei, però, quella scritta era solo “humor nero”.

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Decreto Genova, maggioranza battuta in Commissione sull’emendamento Ischia

Roma - La maggioranza va sotto al Senato sul contestatissimo articolo 25 del decreto Genova che disciplina le procedure di condono sull’isola di Ischia. Ventitré voti favorevoli contro 22 e un’astensione pesante com’è quella della senatrice del MoVimento 5 Stelle Paola Nugnes: sono questi numeri che hanno fatto la differenza su un emendamento all’articolo presentato da Forza Italia. Il provvedimento è in discussione nelle Commissioni congiunte Lavori pubblici e Ambiente del Senato e stamattina comunque approderà nell’Aula di Palazzo Madama per il voto finale. E in quella sede, assicura il capogruppo M5S Stefano Patuanelli che parla di «tradimento», verrà corretta «questa spiacevole stortura».


Il decreto che dedica all’emergenza Genova 16 articoli dei 46 complessivi e per il resto prova a dare risposte alle emergenze del centro Italia e di Ischia colpiti da due diversi terremoti, è stato approvato alla Camera il 1 novembre. Ora è alla prova del Senato e proprio sul condono la tenuta della maggioranza, e in particolare del M5S, ha vacillato. Facendo andare i vertici del Movimento su tutte le furie, mentre l’opposizione con il Pd in testa esulta e difende l’operato degli ortodossi” che hanno detto no «alla schifezza del condono» come osservano Martina, Renzi e Marcucci.

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M5S, esplode il caso ribelli. Fattori: «Terrorismo psicologico». De Falco: «Io coerente»



Il governo Conte è stato battuto in Parlamento per la prima volta

Slitta l’esame al Senato del Dl Genova. E la maggioranza va “sotto” sul condono a Ischia

martedì 13 novembre 2018

Farmacista di Turate salvato da due marocchini durante una rapina

Farmacista di Turate salvato da due marocchini durante una rapina
Il rapinatore aveva una pistola, i due marocchini lo hanno immobilizzato e chiamato i carabinieri
Farmacista di Turate salvato da due marocchini durante una rapina
Tentata rapina a Turate nella sera dell'8 novembre 2018 ai danni di un farmacista della Farmacia Comunale che stava depositando l'incasso della giornata nella cassa continua della Banca popolare di Sondrio, tra via Volta e via Vittorio Emanuele. A soccorrerlo sono stati due extracomunitari di origine marocchina, regolarmente residenti in Italia.


Tentata rapina a Turate (CO) nella sera dell'8 novembre 2018 ai danni di un farmacista della Farmacia Comunale che stava depositando l'incasso della giornata nella cassa continua della Banca popolare di Sondrio, tra via Volta e via Vittorio Emanuele. A soccorrerlo sono stati due extracomunitari di origine marocchina, regolarmente residenti in Italia.

Il coraggioso intervento

I due marocchini stavano transitando davanti alla banca quando hanno visto un uomo armato di pistola che con il volto parzialmente coperto minacciava il farmacista. I due extracomunitari con coraggio sono intervenuti riuscendo a disarmare l'uomo e a immobilizzarlo in attesa dell'arrivo dei carabinieri di Turate che hanno ammanettato il rapinatore e portato al carcere Bassone di Como. La somma di denaro che il farmacista aveva con sé ammontava a circa 1.770 euro.

Farmacista di Turate salvato da due marocchini durante una rapina

Chi è il rapinatore

Il rapinatore è un italiano di 44 anni - M. P. le sue iniziali - residente a Turate. Ha agito conil volto parzialmente coperto da uno scaldacollo. La pistola che impugnava era una calibro 45 con matricola abrasa.

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Grillo: “Cambiamenti climatici? Non credeteci! Gli alberi caduti sono tutti uguali, sembrano dell’Ikea”

Il deputato Pd de Menech lo attacca: "Grillo è semplicemente indecente. Un clown, direbbero gli inglesi, un pagliaccio". In Veneto si lavora notte e giorno per tornare alla normalità dopo l'ondata di maltempo


“Cambiamenti climatici? Non credeteci! Ho visto le foto del Bellunese, gli alberi caduti sono tutti uguali, pareva l’Ikea. La verità è che le catastrofi sono il nostro Pil, costruiamo e ricostruiamo”. Così Beppe Grillo ha esordito sul palco di Jesolo, nel Veneziano.
Dopo che nelle scorse settimane il maltempo ha messo in ginocchio intere regioni come il Veneto devastando intere provincie come quella di Belluno, l’ex leader dei Cinque Stelle ha pensato di ironizzare sul delicato tema del cambiamento climatico.
L’ondata di maltempo ha portato morti, la distruzione di abitazioni e intere infrastrutture danneggiate, oltre che al disastro ambientale e paesaggistico.
In Trentino si è stimato un danno pari a 300 milioni di euro, nel bellunese invece si parte da 1 miliardo.
Le affermazioni di Grillo hanno scatenato una bufera, il presidente della provincia di Belluno Roberto Padrin, ha risposto all’ex comico: “La battuta di Grillo non è commentabile. Lascio ai cittadini valutare queste parole. Da sindaco di Longarone non posso paragonare l’ondata di maltempo al Vajont: la carica, anche emotiva, di quella disgrazia non penso abbia eguali. Ma questo evento è forse peggiore dell’alluvione del 1966 per la vastità territoriale”.