La contestazione annunciata. Gelo con la Procura dopo lo stop all’inchiesta sui mandanti dell’esplosione del 2 agosto 1980 nella sala d’aspetto della stazione che causò 85 morti e duecento feriti
L’autobus della linea 37, matricola 4030, tornerà per la prima volta in
piazza Medaglie d’oro. Quella mattina divenne un simbolo, della
tragedia, dei soccorsi, di una città che cerca di reagire fin da subito.
Gli autisti tolsero i montanti e i corrimano per consentire l’ingresso
delle barelle, e fissarono delle lenzuola ai finestrini, per impedire la
vista dei corpi feriti, mutilati, oltraggiati. Non tornò più in
servizio, per rispetto delle vittime. Non è mai stato formalmente
dismesso, per rispetto della propria storia. Oggi, 37 anni dopo la
strage, uscirà dal capannone di via Bigari, dove è stato conservato e
curato come una reliquia laica, e verrà portato davanti alla stazione.
Lo strappo del 2005
Ci
sarà il 37, memoria della Bologna che seppe resistere e rimase in
piedi, per quanto colpita. Mancherà il resto, la concordia
istituzionale, la condivisione del ricordo. Quest’anno come non mai.
Succede spesso, il 2 agosto ha talvolta fatto più notizia per la
contestazioni che per l’esercizio delle memoria. Nulla, neppure una
apparenza di quiete, è stato più come prima dopo il 2005, quando gli
abituali fischi contro gli esponenti del governo divennero bordate,
lunghe quanto il discorso dell’allora vice primo ministro Giulio
Tremonti e capaci di oscurarlo. Da allora non parla più nessuno, o
quasi. È stato inventato lo spazio mattutino tra le mura del Comune, per
ridare la voce alla politica nazionale, che nel momento più importante,
l’unico che davvero conta, il corteo da piazza Nettuno alla stazione,
il comizio alle 10.10 del presidente dell’Associazione familiari delle
vittime seguito dal minuto di silenzio e dal discorso del sindaco, è
sempre stata costretta all’anonimato e al silenzio, accompagnato dal
rumore di fondo dei fischi.
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