Il premier Giuseppe Conte incontra il ministro degli Esteri del Qatar per discutere dell'offensiva del generale Haftar in Libia. Ma non servirà a nulla perché l'Italia non sa qual è il suo posto nel mondo. Oscilla sempre tra velleità e timidezza, ambizione e provincialismo
Oggi il premier Giuseppe Conte, incontra il vicepremier e ministro degli Esteri del Qatar, Bin Abdulrahman al-Thani, per discutere della situazione in Libia e dell’offensiva che il generale Haftar sta conducendo contro il Governo che ha sede a Tripoli ed è guidato da Fayez Al-Sarraj. Quella del nostro governo è una mossa non solo legittima, ma doverosa: il Qatar è uno dei molti Paesi che, come l’Italia, hanno sottoscritto il Piano d’azione per la Libia presentato dall’Onu, sia nella versione originale del settembre 2017 sia in quella arricchita ed emendata in occasione della Conferenza di Palermo del dicembre 2018. Piano a suo tempo approvato anche dagli Usa, dall’Unione Europea e da gran parte dei governi che formano la cosiddetta comunità internazionale. E che poggia su una precisa indicazione: nel gran marasma libico, quella di Al-Sarraj è l’unico governo legittimo. Provvisorio, perché di riconciliazione nazionale, ma legittimo. Tutto bene, quindi? No, tutto male. Gli eventi sul terreno raccontano ben altra storia.
Il generale Haftar continua imperterrito l’offensiva. La sua presa sulla Libia, che già comprende la Cirenaica e il Fezzan, si allarga di giorno in giorno. E i Paesi che lo appoggiano, ovvero Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Francia, continuano serenamente ad armarlo e finanziarlo. In questo scenario, considerato anche che il Qatar è un po' lontano dalla Libia che invece si trova alle nostre porte, si ha la sensazione che l’Italia sia rimasta con il cerino dell’appoggio ad Al-Sarraj in mano. Un cerino acceso che si consuma a gran velocità. Gli Usa, che nel luglio scorso ci avevano promesso (ricordate l’incontro a Washington tra Trump e Conte?) una cabina di regia comune per la Libia? Non pervenuti. D’altra parte c’è l’Arabia di mezzo e quelli di Washington sanno che del proconsole saudita Mohammaed bin-Salman, da loro rifornito di armi e di aiuti di ogni genere, possono fidarsi. Purtroppo i sauditi stanno con Haftar.