Nell’udienza alla Cisl il Papa critica le «pensioni d’oro, un’offesa non
meno grave di quelle troppo povere». Poi denuncia: «A volte la
corruzione è entrata nel cuore dei sindacalisti»
Salvatore Cernuzio
Città del Vaticano
È
«un nuovo patto sociale per il lavoro»
quello che invoca Papa Bergoglio durante l’udienza di oggi in Aula
Paolo VI ai membri della Cisl, affinché si riducano «le ore di lavoro di
chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani
che hanno il diritto-dovere di lavorare».
«È una
società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare
troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non
lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti», tuona il Papa nel suo discorso ai delegati che oggi iniziano i lavori del XVIII Congresso Nazionale sul tema
“Per la persona, per il lavoro”, guidati dalla segretaria generale Annamaria Furlan.
Francesco non risparmia anche una critica contro
«le
pensioni d’oro» che - dice - «sono un’offesa al lavoro non meno grave
delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del
tempo del lavoro diventino perenni». Questo è un rischio come i
tanti che, ai giorni nostri, minano il legame tra persona e lavoro ,
«due parole che possono e devono stare insieme».
«Se
pensiamo e diciamo il lavoro senza la persona, il lavoro finisce per
diventare qualcosa di disumano, che dimenticando le persone dimentica e
smarrisce sé stesso. Ma se pensiamo la persona senza lavoro,
diciamo qualcosa di parziale, di incompleto, perché la persona si
realizza in pienezza quando diventa lavoratore, lavoratrice; perché
l’individuo diventa persona quando si apre agli altri, alla vita
sociale, quando fiorisce nel lavoro», afferma Papa Bergoglio.
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