L’ospizio in Val d’Aosta è il luogo abitato più in alto del Continente
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I record. Nel 1870 attorno all’ospizio sono stati misurati 26 metri di neve; oltre 20 nel 1974 |
Enrico Martinet
Aosta
Federico, canonico agostiniano, arrotola la manica della tonaca
bianco avorio e scrive nel “libro” dell’Ospizio: 7 gennaio 2018. Neve al
suolo, 5 metri e 58. La prima pagina è di 200 anni fa. Il volume
contiene temperature, nevicate, appunti su piovosità e siccità, venti.
L’Ospizio è intitolato a San Nicola di Myra su volontà di chi l’ha fatto
costruire, San Bernardo, ricordato come patrono delle Alpi. Federico
ieri era l’unico dei quattro canonici che si alternano durante l’inverno
ai 2.473 metri del valico tra Italia e Svizzera, Valle d’Aosta a Sud,
Entremont a Nord.
Il colle del Gran San Bernardo è ricco di storia, fin dai tempi
remoti; e di vento. L’inverno è nevoso e gli accumuli sono imponenti.
Federico: «Da ottobre a oggi siamo arrivati a oltre cinque metri e
mezzo. E oggi continua a nevicare». È il luogo abitato più alto d’Europa
e l’inverno vuol dire isolamento. «Da cosa?», domanda sorridendo il
canonico, che è agostiniano da 32 anni ed è originario di Orsières,
cittadina dell’Entremont, l’ultima stazione ferroviaria prima del
confine. Spiega: «Qui essere isolati è la normalità. Oggi siamo in
dieci: una suora oblata, otto che si occupano degli ospiti ed io». E gli
ospiti? «Da giorni non ne vediamo. Troppo pericoloso». La tempesta
Eleanor ha soffiato forte quassù. Nel “libro” c’è già la nota: «Alle 16
del 3 gennaio le raffiche hanno raggiunto 176 chilometri l’ora». Quelli
che un tempo erano viandanti o pellegrini oggi sono turisti-alpinisti,
con gli sci o con le racchette da neve. C’è ancora chi raggiunge il
colle per pregare. I canonici pregano, lavorano, ospitano e offrono
conforto. Il canonico: «Anche al telefono. Non riceviamo solo
prenotazioni per trascorrere qui un periodo o per sapere le condizioni
della neve, ma anche richieste di preghiere. Si rivolge a noi chi ha
bisogno di bontà, di parole che possano lenire un loro momento
difficile. E noi ci siamo. Sempre». D’inverno i famosi cani del San
Bernard non ci sono. In autunno tornano all’allevamento di Martigny. Ci
sono dai tempi dei romani, molossi che venivano dagli altipiani
himalayani. Hanno soccorso nei secoli i viandanti, così come i soldati
della neve, i «maroniers». Perché le valli del San Bernardo sono aspre.
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