Un milione di euro di multa per le ong che violano il divieto di ingresso in acque italiane. Arresto obbligatorio per il comandante. Sequestro immediato dell’imbarcazione. La criminalizzazione sistematica e legalizzata di chi salva vite in mare. Un Parlamento calpestato, martoriato e ridotto a maggiordomo dall’esecutivo. La violazione di una decina di articoli della Costituzione e una mezza dozzina di obblighi e trattati internazionali.
Il Decreto Sicurezza Bis passato poco fa in Senato a colpi di fiducia, in un Parlamento e in un paese narcotizzati dal veleno dell’odio e della propaganda, è forse il punto più basso mai toccato da un governo (con la complicità del legislativo) nella storia repubblicana.
Un giorno, non molto lontano, ognuno di noi dovrà rendere conto a se stesso e alla propria coscienza di dov’era, cosa faceva o cosa non ha fatto mentre l’Italia ha introdotto ufficialmente nella propria legislazione il reato di Umanità: chi ha ideato il decreto, chi l’ha proposto, chi l’ha votato, chi non lo ha combattuto, chi si è voltato dall’altra parte, chi si è genuflesso per salvare la poltrona, chi in tutti questi mesi ha gettato benzina sul fuoco dell’odio razziale, chi ha infangato le ong, chi non ha fatto abbastanza per resistere. Ognuno, nel suo grande o nel suo piccolo, ha le propie responsabilità e ci dovrà convivere.
Ma, quando le luci si spengono e le porte si chiudono, rimarranno solo due possibilità: quelli che hanno scelto di difendere l’uomo, il diritto alla vita, contro ogni convenienza e calcolo personale; e quelli che, in nome di una patria, di un confine e dell’obbedienza cieca al leader, hanno condannato a morte centinaia, migliaia di persone, uomini, donne, bambini. E lo hanno fatto in nome e per conto dello Stato italiano.