Se dico “penna” o se dico “cucchiaio”, do per scontato che il mio interlocutore capisca di cosa sto parlando e crei nella sua mente il giusto significato delle parole. Prevedevo questo meccanismo anche per il termine “femminicidio”, ma credo di aver esagerato con le aspettative. Mercoledì Libero ha titolato “Più maschicidi che femminicidi”, evocando la presunta evidenza dei fatti nelle statistiche.
Quali statistiche? I dati sono presenti nello studio Violenza domestica e di prossimità, i numeri oltre il genere a cura dell’Osservatorio Nazionale Sostegno delle Vittime, curato da Barbara Benedettelli, ex candidata di Fratelli d’Italia e tra i coniatori della parola “maschicidio”. Il punto focale riportato sul quotidiano riguarderebbe il numero annuale di uccisioni di uomini e donne, in famiglia, fra amici, sul luogo di lavoro (ecco il significato di “prossimità”). Ci sarebbe una sostanziale parità: 120 a 120, palla al centro. Anzi, balla al centro.
Per svelare la balla in questione non serve andare lontano, ci basta un dizionario. Femminicidio, “uccisione o violenza compiuta nei confronti di una donna , spec. quando il fatto di essere donna costituisce l’elemento scatenante dell’azione criminosa” (Zingarelli, 2016). Capite? Non è la rissa dopo il calcetto, non è nemmeno la coltellata del parente a cui non è andata una fetta di eredità e neanche la battuta di caccia tra amici finita male (certo, non per il cinghiale). Si tratta di donne uccise per motivi passionali, per gelosia, per non aver adempiuto ai cosiddetti “doveri coniugali”, per non aver taciuto all’ennesimo schiaffo.
Continua qui