La drammatica vicenda della morte di 16 braccianti di origine africana sfruttati nei campi di pomodori del foggiano ha riportato agli onori della cronaca il fenomeno del caporalato. Migliaia di lavoratori stagionali vengono impiegati nelle campagne italiane per pochi euro al giorno, senza regolari contratti e senza tutele. Una condizione favorita dalle catene della grande distribuzione, che mantengono bassi i prezzi del pomodoro e di altri generi alimentari, come denunciato anche da Slow Food e dai rappresentanti dei sindacati di base Usb.
È di pochi giorni fa anche la denuncia dell’associazione Terra! Onlus e del sindacato Flai Cgil, secondo cui la catena di hard discount Eurospin si sarebbe aggiudicata sottocosto una partita di 20 milioni di bottiglie di passata di pomodoro a soli 31,5 centesimi l’una in un’asta online al doppio ribasso. Si tratta di una pratica sleale che in molti chiedono sia bandita, perché impoverisce la filiera e contribuisce a favorire lo sfruttamento dei braccianti.
Basta fare due conti per accorgersi che i prezzi come quelli strappati da Eurospin il sistema rischia di diventare insostenibile per i produttori e i trasformatori. Il calcolo realizzato nel 2017 dal sito FreshPlaza è ancora attuale, visto che il prezzo del pomodoro è rimasto invariato nell’ultimo anno (79,75 €/t, pari a circa 0,08 €/kg). Considerando che per fare 1 kg di passata servono 2,5 kg di pomodoro fresco, alla fine il produttore riceve 0,20 €/kg, o se preferite 20 centesimi.
A questa cifra bisogna sommare le spese di trasformazione (18-20%), confezionamento 13-14%, trasporto e marketing (7%), l’Iva e il margine del supermercato (45-50% circa). Alla fine l’incidenza della materia prima risulta di poco inferiore al 10%.
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