Percepivano il reddito di cittadinanza nonostante fossero condannati per associazione mafiosa, traffico di droga, furto e persino omicidio: tra loro infatti, c’è anche uno degli esecutori dell’omicidio del magistrato Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990, già condannato a 7 ergastoli. A scoprirlo sono stati i finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria, coordinati dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e dal sostituto Gloria Andreoli, che hanno scoperto ad Agrigento 8 “furbetti” del reddito di cittadinanza. L’indagine ha portato al sequestro di altrettante social card utilizzate per fruire del sussidio, che si aggiungono ad altre undici già revocate nei giorni scorsi a Siracusa.
I titolari sono tutti indagati a piede libero per indebita percezione del sussidio che, a norma di legge, è concesso solo in presenza di alcuni requisiti che devono essere autocertificati dal richiedente: tra questi, oltre alle difficoltà economiche, anche l’assenza di misure cautelari personali o di condanne per reati gravi sia da parte di chi richiede il reddito di cittadinanza che da parte dei componenti del suo nucleo familiare. Tra gli otto indagati, invece, figurano persone sottoposte a detenzione per associazione mafiosa, traffico di droga e furto.
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