Genova - Al Coa, il centro operativo del Comune, il quattro novembre
2011 nessuno aveva il numero della responsabile della protezione civile
regionale. E, per riuscire a
chiedere rinforzi dal momento
dell’esondazione del rio Fereggiano, passarono quindici minuti. È quanto
emerso nel corso della deposizione di Pierpaolo Cha, ex direttore della
funzione Genova città sicura, sentito oggi durante il processo per la
tragica alluvione costata la vita a sei donne, di cui due bambine. Cha è
imputato insieme all’ex sindaco Marta Vincenzi, l’ex assessore alla
Protezione civile, Francesco Scidone, e i dirigenti comunali Gianfranco
Delponte e Sandro Gambelli. Le accuse nei loro confronti sono di
omicidio colposo plurimo, disastro e falso (per i verbali «taroccati») e
calunnia. Roberto Gabutti, ex coordinatore dei volontari di Protezione
«Intorno alle 12.15
l’assessore Scidone mi gridò che era
esondato il Fereggiano e di telefonare alla Gallinotti (dirigente
protezione civile regionale) per chiedere rinforzi. Io non avevo il
numero così chiesi a Maria Gabriella Fontanesi (geologo della protezione
civile comunale) che mi disse che non lo aveva e che dovevamo aspettare
Andrea Rimassa (funzionario comunale) perché lui ce l’aveva». La
telefonata dal Matitone verso la protezione civile regionale, come
emerge dai tabulati, partì solo
dopo un quarto d’ora, ovvero alle
12.30. Nel corso dell’interrogatorio Cha ha parlato anche della
decisione di tenere aperte le scuole. «Ne parlammo in una riunione il
due novembre, ma si decise di affrontare l’argomento il giorno
successivo, anche per vedere
l’andamento della situazione meteo.
Io mandai dei tecnici per fare i sopralluoghi nei vari istituti e
verificarne la sicurezza. Il tre, Scidone alla luce del sopralluogo ma
anche del fatto che la polizia municipale era stata avvisata e
presidiava il territorio e che le previsioni davano un peggioramento
delle condizioni nella tarda mattinata, decise di tenerle aperte perché
erano un luogo sicuro.
Nessun commento:
Posta un commento