I loro fantasmi aleggiavano ieri sul convulso terminal dell’Ottava Avenue, 8000 bus al giorno, 65 milioni di passeggeri l’anno, quando Akayed Ullah, emigrato dal Bangladesh a Brooklyn, ha lasciato brillare il corsetto con un ordigno rudimentale, Velcro, zip, tubi ed esplosivo, come si impara da ricette online.
Il botto prematuro ha svuotato la stazione gremita del lunedì prefestivo, scosso New York, ferito solo il terrorista con altri passanti storditi, e troppo in fretta i siti han titolato «Attentato fallito!». Neppure per sogno, Isis considera un successo - e i suoi canali esultano ai «maiali infedeli in fuga» sotto Natale - che un «soldato» armato abbia violato il cuore di Manhattan, seminando paura. In un prezioso lavoro di controinformazione, dall’account twitter @rcallimachi la saggista del New York Times Rukmini Callimachi spiega la psicologia del raid di Ullah: venendo dopo la strage downtown del 31 ottobre, 8 morti e quindici feriti con il camion di Sayfullo Saipov a falciare ciclisti, e la bomba in pentola a pressione di Ahmad Khan Rahimi, 17 settembre 2016, 31 feriti, l’attacco di ieri a Port Authority sfibra i nervi a cittadini e polizia.
Continua qui
Nessun commento:
Posta un commento