lunedì 22 novembre 2010
Il format Saviano tra politica e tv
QUESTA sera, a "Vieni via con me", è ospite il ministro dell'Interno Roberto Maroni. Arriva su Rai Tre dopo una settimana di polemiche: contribuiranno a tenere alta l'audience della trasmissione. Sarebbe, tuttavia, sbagliato interpretarle come un segno di insofferenza da parte delle forze politiche di governo e dei dirigenti della tivù "loro fedeli" contro programmi e conduttori sgraditi. Dopo Santoro, Gabanelli, Dandini: Fazio e, soprattutto, Saviano. Certo, c'è anche questo.
Ma "Vieni via con me", a mio avviso, non è "un caso", semmai: una svolta. Perché rovescia il rapporto fra televisione e politica. Non più la televisione al servizio della politica, ma neppure la televisione e la politica, in rapporto di reciprocità e di scambio. È la "politica al servizio della televisione". Meglio ancora: la televisione che "usa" la politica, a sua volta "usata" da un intellettuale e scrittore per narrare la politica. Si tratta di un format originale, che conclude un percorso che dura da anni. Cominciato dopo la caduta della Prima Repubblica, quando la politica "controllava" la televisione e la delimitava in spazi "separati". Le "tribune politiche", al tempo dei partiti immersi nella società e nelle istituzioni. Poi, agli inizi degli anni Novanta, Gad Lerner, per primo, entra "Nella tana della Lega". Scruta il "Profondo Nord". Mette in scena Tangentopoli e lo scontro fra "Milano e l'Italia".
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