Delitto Yara, l’ergastolo per Bossetti I silenzi della madre, i dubbi della moglie: 5 donne chiave dell’inchiesta
Da prova
cruciale, gli altri indizi e l’assenza di alibi. Così si è arrivati alla
condanna di «Ignoto Uno». I ruoli del pm Letizia Ruggeri, del gip Ezia
Maccora, della madre Ester Arzuffi, della moglie Marita Comi e del
giudice Antonella Bertoja
L’ultimo sguardo disperato prima di
essere riportato in carcere per scontare l’ergastolo è per sua moglie
Marita Comi. Una richiesta di aiuto, una supplica rivolta a una delle
cinque donne che hanno segnato questo processo e soprattutto la sua
vita. Perché sono state loro, ognuna con un ruolo diverso, a
«inchiodare» Massimo Bossetti come l’assassino di Yara Gambirasio. Tre
sono in aula, due hanno atteso il verdetto a casa. Tutte sono pedine
fondamentali di una vicenda che segnerà la storia giudiziaria italiana.
Perché per la prima volta l’indagine su
un omicidio si è svolta al contrario, partendo da un codice genetico.
Dopo l’uscita di scena di Mohamed Fikri — il marocchino subito indiziato
e poi completamente scagionato — non c’erano altri sospettati. Gli
investigatori avevano soltanto la certezza che «Ignoto 1», l’uomo che
aveva lasciato il proprio Dna sugli slip e sui leggings della giovane
vittima, fosse il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, autista di
pullman morto nel 1999. E da lì si è partiti comparando migliaia di
tracce, ricostruendo tassello dopo tassello una vicenda incredibile.
Fino ad arrivare a quel muratore con i capelli tinti, il pizzetto
biondo, la fissazione per l’abbronzatura.
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