Federico Genta, Roberto Travan
Caprie (Torino)
«La mia squadra lavora da domenica scorsa. Ininterrottamente. Io
avrò dormito al massimo un paio d’ore. Stanotte, saranno state le due e
mezza, il bosco ha ripreso a bruciare con fiamme alte almeno tre metri».
Giovanni Valentino, il volontario dei vigili del fuoco inginocchiato a
terra su una strada di Condove, bassa Valsusa, è il simbolo
dell’emergenza incendi che sta devastando il Piemonte. «È qualcosa che
non finisce mai. L’incendio è ritornato nello stesso punto che avevamo
spento due giorni fa».Sono bastati i venti leggeri di due settimane fa ad accendere i primi focolai tra i boschi della Val di Susa. Poi il Foehn, che domenica in poche ore ha spazzato via la cappa di smog che avvolgeva Torino, ha infiammato le montagne fino ai boschi di Novara e Cuneo, in un’area che interessa oltre sessanta Comuni. Le fiamme hanno trovato strada facile tra le valli già provate dalla siccità. Tanto da bruciare, in pochi giorni, qualcosa come 1600 ettari. Più di quelli andati distrutti durante tutto lo scorso anno. C’è la mano dell’uomo dietro a questi roghi. Vigili del fuoco e volontari hanno più di un sospetto sull’azione di piromani, ma l’estensione dei focolai è anche frutto di anni di incuria e abbandono.
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