Talento internazionale, aveva sfidato la leucemia. Fatali le complicazioni polmonari del Covid. Nel circuito del poker era famoso eppure dopo alcuni mesi trascorsi a Londra, era tornato in Valtellina dove lavorava nel negozio di ortofrutta del papà
Non ha potuto bluffare con la morte. Ci ha provato fino alla fine, giocando la sua partita più importante senza mai tirarsi indietro, cambiando le carte in tavola, fingendo di avere in mano i quattro assi che gli avrebbero consentito di vincere la mano e aggiudicarsi il montepremi: una vita lunga e tranquilla tra le sue montagne, accanto ai genitori, ai fratelli, agli amici. Ma alla fine ha perso. Game over a soli 29 anni. Ne avrebbe compiuti 30 ad agosto. Matteo Mutti, casa a Tirano, in Valtellina, era un campione di poker, non un professionista, ma uno con tanto talento. Educato, posato, mai una parola fuori posto. È morto lunedì mattina ucciso dalle complicanze del coronavirus.
Di sfide nella sua vita Matteo Mutti ne aveva già vinte tante. Ad agosto dello scorso anno la terribile diagnosi: leucemia. Non si era arreso. In cura presso l’ospedale San Matteo di Pavia ha lottato come un leone, raccontano i parenti. La sorte sembrava finalmente avergli dato le carte giuste quando a gennaio si è trovato il donatore compatibile ed è stato sottoposto a un trapianto di midollo osseo. I genitori sempre accanto, avevano preso un appartamento vicino al nosocomio pavese. Due mesi di speranze fino a quando non si è ammalato di Covid. Eppure lui dava l’impressione di aver sconfitto anche l’ennesimo nemico, l’ultimo tampone era finalmente negativo.
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