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martedì 1 marzo 2011

Yara, sui volontari l’ombra del sospetto

Con le lacrime agli occhi, Giovanni Valsecchi, responsabile della Protezione Civile di Brembate, ieri è tornato nel campo di via Bedeschi che ha custodito fino a sabato i resti di Yara. Com’è stato possibile non trovare il cadavere? Valsecchi non si dava pace. I volontari avevano battuto due volte quella terra di nessuno coperta di sterpaglie, rovi, erbacce. Un postaccio, frequentato da tossicodipendenti e sbandati, animato la notte dagli ospiti della discoteca “Sabbie Evolution”. Quella risposta («perché non l’hanno vista?») dà corpo a un altro quesito tra gli uomini della protezione Civile. «Siamo sicuri che Yara fosse lì dal giorno in cui scomparve?». Anche gli investigatori cercano risposte.
Tutti convocati i responsabili della Protezione Civile, imposto il silenzio stampa. Ordine di servizio: basta dichiarazioni avventate. Si ricostruirà come e quando sono state svolte le battute, chi vi ha partecipato, con quali modalità, se c’erano o no le unità cinofile. Il terribile sospetto è che in mezzo ai volontari che si prodigavano potesse annidarsi l’assassino di Yara. La cercavano viva, oltretutto e ora la famiglia domanda spiegazioni: «Perché ci avete illusi?». Ricerche eseguite in maniera “marginale”, nel campo di via Bedeschi. La prima battuta a Chignolo il 12 dicembre. Una quindicina di persone, guidate da Ennio Bonetti, capo della Protezione Civile di Filago. Dieci volontari, due carabinieri e un’unità cinofila, scrive l’Ansa. Al Secolo XIX, Bonetti aveva parlato di 50 volontari impegnati senza l’ausilio di unità cinofile. Non può confermare, è in silenzio stampa. 

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