Genova - C’è una riflessione che il segretario Bruno Manganaro ripete spesso quando racconta le lotte della Fiom di Genova: «Ci costringono a fare i matti e
noi ne faremmo volentieri a meno. L’Ilva di Cornigliano ha la sua
storia, i suoi sacrifici già fatti, i suoi posti di lavoro già pagati al
risanamento ambientale. L’Accordo di programma è una legge dello Stato
italiano. È avvilente essere costretti a fare i matti per ottenere il rispetto di una legge dello Stato».
Erano le 9.20 quando ieri l’assemblea dei circa 400
lavoratori dell’Ilva di Cornigliano ha scelto lo sciopero a oltranza e
l’occupazione della fabbrica. In strada sono uscite un centinaio di
persone, poche rispetto ai grandi numeri ai quali i cortei dell’acciaio
hanno abituato Genova. A Cornigliano la Fiom è la sigla maggioritaria, a
differenza di Taranto. La rsu di fabbrica conta 10 delegati Fiom, 6 Fim
e 2 Uilm. A Genova il sindacato è spaccato rispetto alla vertenza
nazionale con ArcelorMittal: Fim e Uilm partecipano al tavolo nazionale
della trattativa, la Fiom ha scelto la strada della lotta dura.
Manganaro è un uomo dai modi miti ma testardo come un mulo. Mentre gli
operai allestiscono la tenda rossa fuori dalla fabbrica adibita a
quartier generale lui ripete: «Invitiamo tutti, cittadini e istituzioni,
a venirci a trovare per difendere Genova e l’Accordo di programma».
Armando Palombo della rsu precisa: «Se viene annunciato un solo esubero
strutturale, l’Accordo di programma, relativamente alle aree in
concessione, deve essere ricalibrato con tutti i soggetti interessati».
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