Da quando il redditometro è passato dall’essere un progetto dell’Agenzia delle Entrate ad un vero e proprio strumento per rilevare il reddito famigliare dei cittadini italiani, abbiamo cominciato a famigliarizzare con l’Istat e il suo paniere, che di fatto determinano il valore medio entro cui i consumi dovrebbero stare, ecco dovrebbero.
In sostanza, l’Istat fonda la propria ricerca su un campione di 28 mila famiglie, a fronte dei 22 milioni nazionali, e mediante lo studio di questo campione, dislocato in 480 comuni d’Italia, vengono prodotti i dati dell’indagine annuale Istat sui consumi. Questa non è una polemica contro la ricerca Istat
che presenta una storia quarantennale ed ampio riconoscimento, anche in
ambito internazionale, ma risulta evidente che applicare modelli matematici in valori fiscalmente attinenti, come dimostra l’esperienza degli studi di settore, può generare alcuni problemi di analisi.
Nel dettaglio, secondo gli studi Istat, nel 2011, un single spende mediamente al mese 1.781 euro, ossia la media fra quanto si spende al Nord, 2.062 euro, e quanto si spende al Sud, 1.301 euro. Discorso identico vale per una famiglia costituita da due genitori ed un figlio che mediamente spende mensilmente 2.960 euro, con punte di 3.500 euro al Nord e 2.307 euro al Sud, per i pensionati, il dato nazionale medio è di 1.507 euro mese.
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