Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture sta pensando di
lasciare prima dell'informativa in Parlamento. Il presidente del
Consiglio gli ha fatto sapere che deve fare un passo indietro
Maurizio Lupi dovrebbe dimettersi domani mattina. È quello che si aspettano tutti, a Palazzo Chigi e ai vertici del Pd. Ma
il condizionale è d’obbligo, vista la resistenza dimostrata dal
ministro in questi giorni. Lupi ieri finisce di rispondere al question
time a Montecitorio. E se ne va. Quasi contemporaneamente, Matteo Renzi
entra in Aula, di soppiatto, evitando i giornalisti e neanche lo
incontra. “Ho l’appoggio del governo”, ha detto. Ma l’evidenza plastica
dei rapporti tra i due dice tutt’altro. Renzi vuole che il ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti se ne vada. Lui non molla. Non
ancora. Il premier non può chiedergli in maniera pubblica e diretta di
dimettersi. Rischia la crisi di governo. Ma glielo dice e glielo fa
dire: “Se vai avanti non ti copro”. Di più: “Guarda che se non te ne vai
prima della mozione, ti faccio sfiduciare dal Parlamento”. L’altro
mantiene la sua posizione. Pubblicamente: “Non ho fatto niente di male”.
E soprattutto: “Riferirò in Parlamento”. Perché “è
doveroso da parte mia”, come spiega anche ai colleghi di partito. Però,
ora il punto non è più il “se” ma il “quando” Lupi cederà.
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