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lunedì 12 novembre 2018

Attentato Nassiriya, la strage che si doveva evitare: sapevamo anche il colore del camion bomba

Il 12 novembre del 2003, quindici anni fa oggi, un camion bomba seminava morte e distruzione nella base italiana a Nassiriya, in Iraq. Il tributo di sangue pagato dall’Italia alla guerra scatenata dagli Usa è stato pesante: 19 morti, tra cui 12 carabinieri. I tre comandanti militari, imputati nei processi che sono seguiti alla strage, sono stati assolti in sede penale. Solo il generale Stano è stato condannato al risarcimento dei danni alle vittime. Ma, dopo quindici anni, la complessa vicenda giudiziaria non si è ancora conclusa.

La palazzina di tre piani che ospitava i carabinieri della Msu (Multinational specialized unit) distrutta dall’attentato del 12 novembre 2003 (Ansa
Sono passati 15 anni da quella tragica mattina del 12 novembre: alle 10:40, le 08:40 in Italia, due terroristi a bordo di un’autocisterna carica di esplosivo attaccarono la base Maestrale a Nassiriya, in Iraq. Il quartier generale dei carabinieri era una delle due sedi dell’operazione Antica Babilonia, la missione di pace italiana avviata il 15 luglio 2003 con la partecipazione di tremila uomini. Il bilancio fu devastante: 19 italiani morti, tra cui dodici carabinieri. Rimasero uccisi due civili, il regista Stefano Rolla che si trovava a Nassiriya per girare un documentario, e Marco Beci, un cooperante internazionale. Nell'attentato persero la vita anche 9 iracheni. Oltre ai morti bisogna contare anche i feriti – una ventina tra militari e civili – che porteranno per sempre le cicatrici di quel terribile giorno. L’Italia pagava così il suo tributo di sangue alla guerra voluta da George W. Bush per spodestare il dittatore iracheno Saddam Hussein.

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