NOVI LIGURE – La chiusura della Pernigotti è «un’offesa per la città», come l’ha definita il sindaco Rocchino Muliere, e un duro colpo per l’economia di tutto il territorio. Ma è soprattutto un dramma per le centinaia di famiglie coinvolte, tra dipendenti diretti, interinali e indotto. E talvolta a crisi si aggiunge crisi, come nel caso di Silvio Brannetti e della sua compagna Patrizia Esposito. Lui, 44 anni, da 14 lavora all’Iperdì di via Oneto. O forse sarebbe meglio dire lavorava, visto che il supermercato ora è chiuso. Lei, 40 anni, ha iniziato a lavorare per la Pernigotti dal settembre del 2017 e successivamente era stata assunta a tempo indeterminato: «Ho firmato il contratto il 31 maggio 2018 – ricorda – E poi, nel giro di mezza giornata, vengo a sapere che la fabbrica chiuderà. Sembra di vivere in un incubo».
Silvio aspetta gli stipendi che non gli sono ancora stati pagati («L’ultimo che ho preso è stato quello di luglio») e che parta la cassa integrazione («Ma i sindacati ci hanno spiegato che ci vorranno ancora un paio di mesi»). Nel frattempo, non può fare nulla se non starsene con le mani in mano: «Formalmente siamo ancora tutti assunti da Iperdì, quindi non abbiamo diritto all’indennità di disoccupazione né possiamo assumere un altro impiego», dice. Bollette, mutuo e spese però non aspettano: «Sto dando fondo ai miei risparmi».
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