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sabato 10 novembre 2018

Si chiama 'abilismo', si legge 'diritti civili mancati'

'Liberi di fare' lotta per assistente personale per disabili

Non solo omofobia, sessismo, razzismo. Anche abilismo. Nell'elenco delle parole che indicano mancanza di pari opportunità, 'abilismo' è un termine per lo più sconosciuto che indica le discriminazioni verso le persone disabili. A porre l'attenzione non per un fatto linguistico ma di ingiustizie subite dai disabili è 'Liberi di Fare', una rete di attivisti nata nel 2017 che si batte per il diritto alla libertà delle persone disabili attraverso l'assistente personale. Lo spiega Elena Paolini, una delle fondatrici della rete, composta in gran parte da persone disabili: "Il problema è che si parla poco di abilismo quando si pensa alla giustizia sociale: la disabilità non è considerata come un'identità sociale e politica ma solo come condizione medica. Il concetto di abilismo, in inglese 'ableism', non è diffuso dai media che non offrono rappresentazioni realistiche della disabilità, privilegiando storie strappalacrime". Eppure, la non autosufficienza "non è una condizione tragica e deprecabile. La tragedia della non autosufficienza è non avere assistenti personali, ossia il mancato sostegno dello Stato". Tutto nasce poco più di un anno fa quando Elena (che ha studiato relazioni internazionali) e la sorella Maria Chiara (una formazione in lingue e didattiche delle lingue), entrambe non autosufficienti, residenti a Senigallia, scrivono una lettera aperta al Presidente del Consiglio per richiamare l'attenzione sulla scarsità dei fondi destinati all'assistente personale. Ossia quelle persone che sono braccia e gambe di chi non ha braccia e gambe tali da permettano di lavorare, uscire, impostare la vita con autodeterminazione. L'assistente personale può essere di aiuto guidando la macchina, cucinando, rifacendo il letto, oppure prendere il portafoglio e pagare un commesso.
    "Avere l'assistente personale è soltanto un modo come un altro di vivere", dice Elena.

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