«Iplom nascose i rischi sull’oleodotto»
Genova -
I conti non tornano. E il
disastro del 17 aprile a Genova, quando una falla nell’oleodotto della
raffineria Iplom ha fatto scivolare 700 metri cubi di greggio prima
nel torrente Polcevera e poi parzialmente in mare, diventa anche una
storia di carte truccate. La società, dice oggi la Procura, ha mentito
poiché rassicurò Capitaneria di porto e vigili del fuoco sul buono stato
delle condutture e dei serbatoi.
Ma un report interno, redatto già nel 2013 e sequestrato nelle ultime ore dal pm Walter Cotugno, certifica l’opposto: c’erano almeno «25 punti critici»
lungo la tubazione che collega il porto petroli di Multedo allo
stabilimento petrolchimico di Busalla, immediato hinterland di Genova,
passando per i depositi del quartiere Fegino dov’è avvenuto lo scempio.
Il problema è che Iplom non l’aveva detto a nessuno e,
sostengono ancora gli inquirenti, a chi chiedeva aggiornamenti sulla
condizione dei suoi impianti forniva indicazioni tutt’altro che
preoccupanti.
Non è un dettaglio da poco e prende corpo l’accusa di falso, nei confronti del consulente da cui fu redatta l’autocertificazione a parere dei magistrati taroccata.
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