Il salario minimo
Il fronte più caldo è ora quello del salario minimo, diventato una priorità nei giochi di governo nonostante la ferma opposizione delle parti sociali. Il provvedimento, spinto dal M5S, è il Ddl Catalfo, all’esame del Senato, che fissa la misura, ex lege e quindi valida per tutti, a 9 euro lordi l’ora. L’impatto sulle imprese porterebbe a un’impennata del costo del lavoro di 6,7 miliardi, secondo le stime elaborate dall’Inapp. L’intervento riguarderebbe 2,6 milioni di lavoratori dipendenti privati, a esclusione di agricoltura e lavoro domestico. Comprendendo anche questi due settori - che la norma escluderà - il costo per le aziende, secondo l’Inps, salirebbe a 9,7 miliardi per il 28% dei lavoratori.
A ciò vanno aggiunti gli effetti sugli altri livelli di inquadramento, che gioco forza potrebbero essere rivisti al rialzo dalla contrattazione. I 9 euro lordi l’ora corrispondono all’80% del salario mediano. In Germania, ad esempio, si scende al 48%. In media nei Paesi Ocse i salari minimi variano tra il 40% e il 60 % del salario mediano, in Italia ciò vorrebbe dire tra i 5 e i 7 euro l’ora. La misura non piace alla Lega. Per le aziende la previsione di un salario minimo legale, oltre all’aggravio di costo, rischierebbe di spiazzare la contrattazione, che nel nostro paese, storicamente, regola gli aspetti retributivi negoziali (e non solo, anche, diritti e tutele).
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