Lo dice un report della Fondazione Gimbe, secondo cui l'Italia spende troppo poco e spreca molto. E per questo motivo oggi molte cure essenziali non sono più garantite
Spesso si dice che il sistema sanitario nazionale italiano non ha nulla da invidiare a quello che si trova all’estero, a partire dagli Stati Uniti: qui da noi tutti si possono curare, mentre negli Usa può permetterselo solo chi è ricco. La realtà, però, è un po’ diversa.
Secondo la Fondazione Gimbe, che promuove e realizza attività di formazione e ricerca nell’ambito sanitario, nel nostro paese i livelli sanitari di assistenza (Lea) spesso sono garantiti solo sulla carta e le famiglie sono costrette a spendere sempre di più a causa degli sprechi e delle inefficienze di un sistema che sta “cadendo a pezzi”. La colpa, si scrive nel rapporto presentato oggi in Senato, è soprattutto della politica. “Nel periodo 2010-2019 sono stati tagliati 37 miliardi di euro a fronte di un incremento del fabbisogno sanitario nazionale”, lamenta Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, secondo cui la situazione non migliorerà nel futuro prossimo. “Il Def 2019 riduce il rapporto spesa sanitaria/Pil dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e 6,4% nel 2022 e l’aumento di 8,5 miliardi in tre anni previsto dalla legge di bilancio 2019 è subordinato alle ardite previsioni di crescita”.
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