I separatisti blindano la zona: non siamo stati noi. Anche l’Osce sotto tiro
Insorti filorussi scortano Paul
Gubarev, autoproclamato governatore della repubblica secessionista di
Donetsk, fra i rottami del Boeing abbattuto
Lugansk
Notte fonda a Hrabove, Est Ucraina. I miliziani filorussi, fucile
in spalla e torce in mano, al fianco di uomini della protezione civile
locale, cercano ancora i cadaveri dei 298 passeggeri dell’MH17 tra i
campi di mais, quando Alexander Borodai, «premier» separatista della
autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk, cittadino russo, arriva
sulla scena dell’incidente con le sue guardie del corpo armate come
Rambo. Alla cintola l’inseparabile Makarov, con lo sguardo sfuggente
alle telecamere ripete la propria innocenza: «Il missile non era nostro,
è stato un jet ucraino». Promette accesso agli esperti al relitto, ma
rifiuta l’ipotesi di una tregua, per poi ripensarci dicendo sì alla
proposta di Kiev di 4 giorni di stop alle armi. Reggerà?Continua qui
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