Milano
«Il Favola», come veniva chiamato Massimo Bossetti in cantiere
dagli altri operai, non aveva limiti. E nemmeno senso del ridicolo: un
paio di volte aveva raccontato di avere un tumore al cervello, un’altra
tre ernie al disco, infine di essersi rotto il setto nasale, di essere
stato sbattuto fuori casa dalla moglie, di avere la diffida di un
legale, di fare la chemioterapia… Tutte balle, colossali. Come la storia
del furto degli attrezzi, o del ferimento di una mano per giustificare
il «furto» del suo sangue da parte di un collega che ha cercato di
accusare (guadagnandosi una nuova imputazione per calunnia), facendolo
passare per il mostro che, forse, vive in lui. Continua qui
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