Il governo cadrà davvero il giorno dopo le elezioni? Il resoconto del Consiglio dei ministri di lunedì notte ci offre una narrazione diversa dalle urla della campagna elettorale: tre nomine cruciali (Inps, Ragioneria, Guardia di Finanza), nove minori, quattro spostamenti di prefetti. Stessa cosa si può dire per l’attivismo mediatico di Giovanni Tria, che ieri ha adombrato l’abolizione del bonus Renzi da 80 euro a partire dal 2020. Più che l’influente ministro di un governo al capolinea si è mostrato nuovamente garante di una nazione che rischia grosso.
Per riepilogare: lo spread coi Bund tedeschi si è stabilizzato attorno ai 270 punti base, cento in più di un anno fa, il doppio del livello a cui era stato lasciato dal governo Gentiloni. Siamo a ottanta punti dallo spread che pagano i titoli greci, tuttora i più rischiosi dell’area euro. Il Pil quest’anno crescerà di uno striminzito +0,1 per cento, con conseguenze nefaste sul debito. Nonostante questo, sulla testa degli italiani incombono due aumenti dell’Iva da oltre cinquanta miliardi nei prossimi diciotto mesi; senza coperture alternative, il primo gennaio dovranno essere onorati i primi ventitré.Con sprezzo del pericolo, Matteo Salvini e Luigi Di Maio promettono di tutto: tassa piatta, aiuti alle famiglie numerose, allargamento del reddito di cittadinanza. In fondo la promessa del leader leghista di sforare il tre per cento nel rapporto deficit-Pil è la più veritiera delle ipotesi, purtroppo i mercati la giudicano una prospettiva infausta. L’iceberg è sotto gli occhi di tutti, ma sul Titanic Italia si continua a ballare.
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