ROMA – Trecentoquattordici deputati hanno, si suppone in scienza e coscienza, votato che Ruby la notte del 27 maggio 2010 era per lo Stato italiano la nipote di Mubarak e che le sette telefonate di Berlusconi in Questura a Milano per farla rilasciare erano telefonate di premier, telefonate di Stato. Quindi i trecentoquattordici hanno conseguentemente chiesto alla Corte Costituzionale, a nome del Parlamento italiano, di stabilire che quelle telefonate, nella improbabile ipotesi che siano reato, siano giudicate dal Tribunale dei Ministri e non dal Tribunale di Milano. Insomma che il processo Ruby venga spostato ad altra sede e ad altra indefinita data. La Camera a maggioranza chiede, domanda alla Corte Costituzionale. E domandare è cortesia. A condizione che chi domanda accetti la risposta, qualunque essa sia. L’opposizione, 302 deputati, ha votato contro. Ritenendo la domanda incongrua e scorretta. Sostiene l’opposizione che a decidere se si tratta di reato ministeriale o no debba essere la magistratura. Facciamo che l’opposizione abbia torto, accettiamo che la domanda sia congrua e corretta. Supponiamo la domanda della Camera alla Corte Costituzionale come una “cortesia” da non rifiutare. Ma quella della Camera alla Corte non è una domanda, è un espediente, una scatola magica con il trucco. Trucco scoperto e dichiarato.
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