Lo abbiamo capito osservando le immagini della Florida qualche mese fa. Qualcosa non quadrava. Il caldo fa il solletico al covid.
Qualcosa non quadrava già da tempo: le grandi contaminazioni della Florida, Stato caldo degli Usa, faceva pensare che non potesse essere il caldo a fermare il coronavirus.
L'estate ha sicuramente ridimensionato i contagi in Italia perché abbiamo trascorso più tempo all'aria aperta, non perché facesse caldo, perché non ci siamo affollati sui mezzi di trasporto e non siamo stati in casa tutto il tempo a riflettere sulla pestilenza che c'è capitata tra capo e collo. Già, la casa rifugio, il lockdown prolungato, e se non fosse quella la soluzione?
Se ogni casa diventasse invece nella stagione fredda un potenziale focolaio di infezione? Se la casa, riempita di amici e parenti, fungesse da detonatore per un'esplosione ancora più virulenta del covid? In altre parole lo spettro di un nuovo isolamento non potrebbe peggiorare le cose anziché migliorarle?
Se lo chiedono tutti, mentre i contagi salgono lentamente ma inesorabilmente e mentre siamo circondati da un'Europa appestata come non mai, specie se guardiamo i cugini francesi e gli amici spagnoli.
Cosa fare allora? Sicuramente i grandi assembramenti, i treni dei pendolari stracolmi, i concerti, la gente assiepata negli stadi, le movide del sabato sera, le serate in discoteca, non possono che peggiorare la situazione, ma anche rinchiudere di nuovo i bambini a casa, rassegnandoci ad un nuovo blocco totale, oltre che dare il colpo finale all'economia e ai posti di lavori, potrebbe non bastare.
Il virologo Crisanti suggerisce che, di fronte all'inevitabile risalita dei contagi, quando si arriverà a 7-8000 infetti, bisognerà prendere nuove misure restrittive. La più semplice sarebbe quella di tornare tutti (tranne quando si fa attività sportiva) ad indossare anche all'aperto la mascherina, utilissima se attraversiamo viali affollati o dobbiamo incontrarci con più persone ravvicinate all'angolo di una strada.
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