Pessimista, combatteva spinto dalla forza della sua etica. Il suo capolavoro: i diciannove ergastoli nell'aula bunker.
Gianni Riotta
Palermo si diverte da sempre ad opporre gli
studenti del Liceo Garibaldi, raffinati, snob, disincantati, a quelli
del Meli, secchioni, colti, intensi, cercandone il Dna perfino nelle
singole sezioni scolastiche. Al Meli, generazione dopo generazione, la C
ha ragazzi dai buoni voti, capaci di buttar tutto in una risata. È al
Meli che prende la maturità classica nel 1958 Paolo Borsellino, 8 in
italiano, greco, filosofia e fisica, 7 in latino, storia, matematica,
chimica. Lo sfrontato stile «sezione C» nel 7 in condotta, garanzia di
bocciatura evitata in extremis. Così Borsellino, Dioscuro con Giovanni
Falcone del pool antimafia di Palermo, si iscrive a Giurisprudenza, nel
chiostro all’ombra della cupola d’oro dei padri Teatini. Matricola 2301,
simpatie per il Fuan «Fanalino», goliardi del Msi. Basta perché Falcone
entri a volte nel suo ufficio, schioccando i tacchi: «Camerata
Borsellino!».Continua qui
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