Valore dimezzato in sei mesi, Borse in caduta libera. Un crollo legato soprattutto al rallentamento asiatico
NEW YORK - IL 2014 si chiude all'insegna del "contro-shock petrolifero". È una crisi vera, di cui si cominciano solo ora ad intravedere tutte le ramificazioni. È una tempesta paradossale, contro-intuitiva. Il formidabile cambiamento che l'ha scatenata è a priori positivo per tutti quei paesi come l'Italia che sono consumatori e importatori di energia. Tant'è: la settimana scorsa si è chiusa con le Borse europee in caduta libera, e Wall Street (la piazza finanziaria del nuovo petro-Stato che è l'America) ha subito le perdite più pesanti degli ultimi tre anni. Gli investitori mondiali, grandi e piccoli, si sono gettati ad acquistare titoli del Tesoro americani e tedeschi: il tipico bene-rifugio che viene accaparrato nei momenti di panico. Questa "fuga verso la sicurezza" ha sospinto di nuovo i tassi d'interesse a livelli bassissimi, che sono anch'essi un segnale di pericolo. Un Bund tedesco della durata di 10 anni oggi rende 0,64%. Il rendimento dovrebbe almeno compensare l'inflazione. Un interesse così vicino allo zero per un periodo così prolungato significa che i mercati non vedono l'ombra di una ripresa dei prezzi e quindi della crescita, neppure su un orizzonte lontano. A scatenare quest'ondata di paura è appunto il contro-shock energetico. Che si tratti di un evento di tipo traumatico, violento, lo dimostra la caduta dei prezzi. Il petrolio si è dimezzato dai suoi massimi del 2010. Ha perso quasi il 50% solo da giugno, in sei mesi. E il 10% di caduta del prezzo si è concentrato nell'ultima settimana.
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