Era una domenica di luglio e correva l’anno 1992.
Paolo Borsellino, illustre magistrato italiano in prima fila contro la battaglia alla mafia, si concedeva un giorno di relax da trascorrere insieme alla famiglia e alle persone a lui più care. Soprattutto dopo che la loro vita era stata stravolta e traumatizzata dalla morte in un attentato del collega e amico Giovanni Falcone. Precisamente 57 giorni prima, Falcone saltava letteralmente in aria sul tratto autostradale all’altezza di Capaci a bordo della sua auto in compagnia della moglie e dell’autista. Tutti morti. E con loro anche tre uomini della scorta. Un dolore atroce per Borsellino, ma che non poteva rallentarlo nella sua lotta e nella sua ricerca della verità e della legalità.
Quella domenica di 26 anni fa, Borsellino come suo solito andava a trovare la madre in via Mariano D’Amelio a Palermo. Tutto tranquillo nel caldo pomeriggio estivo. Improvvisamente quella quiete domenicale venne interrotta bruscamente da un’ esplosione fortissima: 90 kilogrammi di tritolo inseriti in una Fiat 126 vennero fatti esplodere grazie ad un comando azionato a distanza.
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