Essere un populista può voler significare un mucchio di cose. Una delle principali, per esempio, è l’operazione con cui una società in genere complessa, fatta di conflitti e di tante anime, viene ridotta a un’unica, omogenea e compatta identità. Quella del popolo, del “mio” popolo. Un blocco granitico, che in teoria non dovrebbe accettare di essere scalfito e che infatti rigetta tutto ciò che è “altro”, diverso. Tutto ciò che è dissenso. Da qui, per fare una sintesi, l’avversione nei confronti dei partiti che non si riconoscono in questo popolo, delle voci non allineate, compresa la stampa, e di conseguenza una certa predilezione per le teorie del complotto al fine di spiegare quelle realtà che non coincidono con la narrazione veicolata dal – o dai – leader e accolta dalla comunità di riferimento.
Il fatto che la vicenda di Bibbiano sia stata scelta come modello per screditare gli avversari politici va in questa direzione. E nella retorica populista può avere un senso. Il punto, secondo me, è che abbiamo toccato il fondo. E la lista di chi lo ha fatto è lunga e bipartisan. L’ultima di Giorgia Meloni, per esempio, è il doppio avvitamento carpiato con cui, per prendere le distanze dall’esponente di FdI di Vercelli che augura la morte agli omosessuali, chiama in causa il Pd coinvolto “nello scandalo di Bibbiano”. Mentre scrivo Matteo Salvini sta già brandendo, con l’elmetto calato in testa, la spada con cui fendere colpi al vento dalla cittadina emiliana e aizzare i suoi fan: non fa nulla se su Armando Siri stanno emergendo nuovi inquietanti elementi e se un suo sindaco, in provincia di Foggia, è appena finito ai domiciliari per peculato, concussione e abuso d’ufficio.
Il M5s, invece, è riuscito a piazzare un doppio colpo: Luigi Di Maio ha definito il Pd “il partito che toglie i bambini alle famiglie con l’elettroshock” allo scopo di “venderli” (e si è preso una querela) mentre Alessandro Di Battista ha annunciato di avere in preparazione, per Fazi Editore, un libro sui fatti legati a Bibbiano. Il Partito democratico, come spesso gli accade, ci sta capendo poco o niente: i suoi esponenti, Alessia Morani in testa, stanno facendo circolare la foto di Rossella Ognibene, ex candidata a sindaco e capogruppo del M5s a Reggio, in compagnia di Di Maio con la scritta “difende in qualità di avvocato la Anghinolfi” (Federica, la responsabile dei servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, ndr). Cioè, per respingere l’accusa di chi strumentalizza con “e allora Bibbiano?”, attaccano con “e allora i 5stelle?”. Un bel cortocircuito.
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