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giovedì 4 aprile 2019

Onna, il simbolo del terremoto de L’Aquila ancora in macerie. Giustino Parisse: “La mia vita è finita quella notte del 2009”

Nel cronoprogramma della ricostruzione, Onna doveva essere la prima frazione a essere ricostruita. Dieci anni dopo, tutto è come prima. 


O meglio, i soldi per i lavori sono stati stanziati, e sono pronti a essere erogati, ma i cantieri avviati sono solo 6 su 21, dei quali solo tre quelli completati. Una sola famiglia è tornata nella sua casa originaria. “Ma sarebbe scorretto scaricare ogni responsabilità alle istituzioni, spesso le colpe di questi ritardi sono da attribuire agli stessi cittadini” puntualizza Giustino Parisse, giornalista e residente a Onna, che ci accompagna tra le macerie di quella che fu la sua casa, dove quella notte perse i due figli e il padre. “La mia vita è finita quel giorno, ora è come se guardassi tutto da un buco sotto le macerie”.

A parte la chiesa di San Pietro Apostolo (ricostruita dai tedeschi, anche in memoria del tragico legame che li lega al paese per via della strage compiuta dai nazisti proprio in questa frazione, quando nel 1944 distrussero dieci abitazioni e fucilarono 17 persone) il paese è ancora raso al suolo. “Ma poi immaginatevi che questo era un paese di 340 persone, aveva già avuto uno spopolamento notevole, quella notte ci furono 40 morti, 50 feriti, l’80% delle abitazioni distrutto – racconta Giustino Parisse – purtroppo, ma spero di essere smentito, qui il terremoto è stata la botta finale, per questo mi impegno per mantenere viva la memoria delle tradizioni e delle persone che abitavano il borgo”.

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