L’emorragia delle imprese artigiane continua. Se nell’ultimo anno (2018 su 2017) lo stock complessivo presente in Italia è sceso di oltre 16.300 unità (-1,2 per cento), negli ultimi 10 anni, invece, la contrazione è stata pesantissima: -165.500 attività (-11,3 per cento).
Una caduta che non ha registrato soluzioni di continuità in tutto l’arco temporale analizzato (2018-2009). Al 31 dicembre scorso, invece, il numero totale delle imprese artigiane attive in Italia si è attestato poco sopra 1.300.000 unità. Di queste, il 37,7 per cento nell’edilizia, il 33,2 per cento nei servizi, il 22,9 per cento opera nel settore produttivo e il 6,2 per cento nei trasporti.
A dirlo è l’ultimo report della Cgia di Mestre, che lancia un nuovo allarme sulla sopravvivenza di (quasi) tutte le piccole imprese artigiane d’Italia, fotografando una caduta verticale senza soluzione di continuità.
“La caduta dei consumi delle famiglie e la loro lenta ripresa, l’aumento della pressione fiscale e l’esplosione del costo degli affitti hanno spinto fuori mercato molte attività – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – senza contare che l’avvento delle nuove tecnologie e delle produzioni in serie hanno relegato in posizioni di marginalità molte professioni caratterizzate da un’elevata capacità manuale. Ma oltre al danno economico causato da queste chiusure, c’è anche un aspetto sociale molto preoccupante da segnalare. Quando chiude definitivamente la saracinesca una bottega artigiana, si perdono conoscenze e cultura del lavoro difficilmente recuperabili e la qualità della vita di quel quartiere peggiora notevolmente. Altresì, c’è meno sicurezza, più degrado e il rischio di un concreto impoverimento del tessuto sociale”.Continua qui
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