La lotta alla mafia non si ferma. Ma certo rallenta un po’. La crisi di governo inceppa la macchina burocratica al punto tale da bloccare un mucchio di provvedimenti che aspettavano solo l’input politico per andare in porto. Sono ben 278 i decreti attuativi da adottare per rendere esecutive le leggi e le riforme dell’esecutivo Conte. Ma ora, senza una guida, i funzionari fanno cadere le penne e i ministeri si fermano. Tanto che, appunto, chissà quando arriveranno i criteri che servono all’Agenzia nazionale per stabilire la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Anche la lotta all’immigrazione clandestina, tanto cara al ministro degli Interni, Matteo Salvini, rischia di incassare una pesante battuta d’arresto. Gli uffici del Viminale e degli Affari Esteri, tanto per fare un esempio, devono ancora stendere l’elenco dei Paesi di origine sicuri sulla base di criteri definiti dalla legge per la valutazione delle domande di protezione internazionale. Una carta senza la quale l’Italia non ha una bussola in materia di accoglienza.
E che dire della legge di Bilancio? Il Paese si chiede cosa ne sarà dell’Iva, visto che non c’è un governo pronto a bloccarne l’aumento nel 2020. Ma poi leggi le carte del ministero del Tesoro e scopri che in Via XX Settembre sono ancora alle prese con vecchie gatte da pelare visto che ben 76 provvedimenti collegati alla manovra dello scorso anno devono ancora trovare attuazione attraverso i decreti. Tra le riforme a serio rischio palude c’è anche quota 100. Sia chiaro: si può andare in pensione anticipata ma torna in discussione una delle agevolazioni collegate al provvedimento, quella che riguarda la liquidazione anticipata gli statali. Palazzo Chigi aveva trovato un accordo con le banche per anticipare, entro 75 giorni, fino a 45 mila euro di Tfr. Ma ora rischia di saltare tutto.
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