Conosciuta come la "Ibiza delle nevi" per le feste sfrenate e affollatissime, la località del Tirolo sarebbe in buona parte all'origine della diffusione del coronavirus nel Nord Europa nella prima fase della pandemia
BERLINO - È l'Ibiza delle Alpi, il rifugio invernale di migliaia di nordeuropei in cerca di baccanali da après ski e e notti folli. Ma nella prima ondata da coronavirus, l'austriaca Ischgl si è trasformata nel più micidiale hot spot europeo. Gli ebbri happy hour si sono trasformati all'inizio di marzo in un inferno di infetti che hanno diffuso il virus in mezzo continente. Dopo gli eccessi nei bar tirolesi, migliaia di turisti tedeschi, islandesi, scandinavi o inglesi sono tornati a casa col Covid nei polmoni.
Gli effetti disastrosi del "turismo da party"
Le conseguenze sono state apocalittiche: la "Superspread location", come l'ha definita uno studio pubblicato a maggio dall'Istituto dell'economia mondiale di Kiel (Kieler Weltwirtschaftsinstitut), sarebbe stata responsabile del 48% delle infezioni in Germania, di un terzo di quelle in Danimarca, di un sesto di quelle svedesi e del 40% dei contagiati in Austria. Il giudizio del direttore dell'Istituto, Gabriel Felbermayr, è tranchant: "Le lente reazioni alle infezioni da coronavirus a Ischgl sono state fatali". Il problema non sarebbero tanto le piste, ma "il turismo da party"; il più redditizio, a Ischgl, quello che attira ogni anno migliaia di turisti dal Nordeuropa.
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