Tra strappi e liti gli anni difficili del Cavaliere a Palazzo Chigi
di Marco Dell'OmoQuel 9 maggio del 2008, di fronte ai flash dei fotografi che immortalavano la sua squadra di governo dopo la cerimonia del giuramento al Quirinale, Berlusconi certo non immaginava che da li' a tre anni si sarebbe ritrovato senza maggioranza per colpa di ''malpancisti'' e ''traditori'' provenienti dalle file del suo partito. Non c'era nessun motivo di temere il ripetersi dei rovesci subiti durante i suoi tre governi precedenti: l'avviso di garanzia ricevuto durante il G8 di Napoli, il tradimento della Lega, il ribaltone del dicembre '94, la sconfitta elettorale a opera di Prodi. Questa volta la coalizione di centrodestra aveva stravinto le elezioni, il Pdl era il primo partito, insieme alla Lega alla Camera aveva cinquanta deputati in piu' dell'opposizione. Insomma, c'erano tutte le condizioni per arrivare alla fine della legislatura e attuare il programma di riforme promesso in campagna elettorale. Il primo anno di governo, infatti, tutto scorre liscio: il peggio che puo' capitare e' che i deputati dell'Mpa minaccino di non votare la fiducia sul Def reclamando piu' fondi per il Sud; e per un liberaldemocratico che va via c'e' un Pionati che arriva. Risolte le preoccupazioni giudiziarie vengono risolte con l'approvazione del lodo Alfano, che sospende i processi delle alte cariche dello Stato, Berlusconi governa senza problemi.
Poi, qualcosa comincia ad andare storto. Le inchieste della magistratura portano alla luce l'esistenza di una ''cricca'' che si spartisce gli appalti dei lavori per la ricostruzione post-terremoto e per le opere legate al G8. A vario titolo sono coinvolti il capo della protezione civile Guido Bertolaso e il ministro Claudio Scajola, costretto a dimettersi il 4 maggio del 2010, quando si scopre che la sua casa di Roma, di fronte al Colosseo, e' stata pagata (''a mia insaputa'' dira'), dall'imprenditore Diego Anemone. Il clima diventa rovente a fine maggio, quando il Parlamento da il primo si' alla legge bavaglio: l'idea di Berlusconi di limitare le intercettazioni e la loro pubblicazione sui giornali (perche' ''siamo un paese di intercettati'') si scontra con la voglia di informazione che cresce tra i cittadini, e alla fine il governo si deve rassegnare a mettere il disegno di legge su un binario morto.
Continua qui
Nessun commento:
Posta un commento