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giovedì 21 gennaio 2016

Non solo il treno deragliato ad Andora abusi ogni 20 metri

Tra negligenze e nepotismo la Procura scopre l’edilizia “alla Checco Zalone”

inviato ad Andora (Savona) 
 
I faldoni sulla frana di Andora, che due anni fa travolse l’Intercity Milano-Ventimiglia e avrebbe potuto uccidere i 200 passeggeri se un costone di roccia non l’avesse bloccato a pochi centimetri dalla scarpata, sono più di un’inchiesta penale chiusa con cinque indagati.

Raccontano un piccolo e tragicomico romanzo criminale di nefandezze, tracotanze, furberie, ignavie, incompetenze e negligenze ordito da un campionario provinciale di padroncini, mezzemaniche, politici, geometri, palazzinari.

Una trama degna di Checco Zalone. E non è finita, perché solo nel raggio di un chilometro la Procura ha mappato altri cinquanta immobili a ridosso della ferrovia, abusivi e pericolosi come il parcheggio crollato due anni fa.

Il romanzo comincia nel 1962, quando la Riviera ligure si riempie di seconde case, ma entra nel vivo trent’anni dopo, quando Vincenzo Di Troia, industriale milanese e proprietario di una delle palazzine vista mare, chiede al Comune di Andora di trasformare in parcheggio un terrapieno sostenuto da un muretto di pietre a secco (questi pendii ne sono pieni, opera millenaria di sapienti contadini). 

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