Oggi Il Giornale apre con un titolo shock: “Terrorismo Buonista“. Il riferimento è alla strage mancata di Ousseynou Sy l’autista di origine senegalese ma cittadino italiano dal 2004, che ha dato fuoco ad un autobus e che voleva uccidere 51 bambini per vendicare le stragi di migranti nel Mediterraneo. Fortunatamente i propositi dell’uomo sono stati vanificati dall’intervento dei Carabinieri, allertati da una chiamata partita proprio dall’interno del mezzo dove l’autista aveva sequestrato i ragazzini.
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La narrativa dell’integrazione mancata e degli stranieri che sono tutti pericolosi
Per Libero il “senegalese” (ma appunto è italiano) è un “emulo di Erode” e un altro esempio di integrazione mancata. Non possiamo chiudere gli occhi davanti al pericolo dell’immigrazione, è la chiosa. Perché non sappiamo chi ci portiamo in casa quando decidiamo di accogliere a braccia aperte profughi e migranti come fanno i buonisti. Inutile ricordare che essere italiani non è garanzia di essere dei bravi cittadini o di non essere dei criminali (l’uomo aveva dei precedenti gravi eppure faceva il conducente). Ma ieri è andata così, e il criminale era un cittadino di origine straniera che dopo aver requisito i telefonini dei passeggeri (due classi della scuola media Vailati di Crema) ha tentato di portare a compimento il suo criminale desiderio di vendetta. Il problema qui non è la cittadinanza ma l’aver commesso un reato.
Quaranta minuti di terrore mentre Ousseynou Sy minacciava la scolaresca dopo aver costretto gli adulti a legare i polsi dei ragazzi con delle fascette di plastica per impedirne la fuga. E forse l’esito sarebbe stato diverso se non fosse stato per il coraggio di due ragazzi, due eroi. Ieri il Ministro dell’Interno Salvini ha pubblicato su Facebook il racconto di uno dei due, quello che su Repubblica viene chiamato Riccardo. Assieme a due suoi compagni di classe – “Rahmi” e “Adam” o “Samir” – è riuscito a chiamare i Carabinieri e probabilmente ad evitare la strage.
Salvataggio Buonista
Sulla Stampa Niccolò Zancan racconta che Samir, un ragazzo italiano di origine marocchina, aveva avuto la freddezza e la prontezza di nascondere il suo telefonino sotto il sedile. Lui era seduto sul fondo dell’autobus e in quei pochi minuti necessari a Ousseynou Sy per raggiungere la coda del mezzo e verificare che nessuno avesse il telefonino ha creato una via di fuga per sé e per i compagni. «Se non fosse stato per Samir e per i due studenti accanto, anche loro di origini straniere, tutti bravissimi a non consegnare quel telefono senza farsi prendere dal panico, non ci saremmo salvati», ha raccontato il docente Giacomo Andrico, uno degli accompagnatori della scolaresca.
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