Tripoli in fiamme, centinaia di morti Ue contro il raìs, l'esercito con la piazza
Libia
I manifestanti bombardati dall'aviazione. Centinaia di vittime. Incendiato il Parlamento, mercenari sparano dalle macchine. L'Europa condanna le violenze. Piloti di caccia libici chiedono asilo a Malta: "Ci siamo rifiutati di bombardare". L'Eni evacua il personale non operativo. Giallo sulle sorti di Gheddafi. "E' in Venezuela", ma Caracas smentisce
TRIPOLI - Ormai a Tripoli è guerra civile. La protesta contro il regime ha raggiunto il suo culmine, migliaia di persone sono scese in piazza. L'aviazione ha bombardato i manifestanti, ci sarebbero circa 250 morti. I ribelli hanno dato alle fiamme il Palazzo del Popolo, uno dei principali edifici governativi. Caduta Bengasi, Sirte e altre città sono in rivolta, il bilancio ufficioso parla di quasi trecento morti. Alcune unità dell'esercito si schierano con la protesta. E' giallo sulla sorte di Gheddafi: alcune voci lo davano in Venezuela, ma Caracas prima, e poi il ministero degli Esteri di Tripoli smentiscono. In serata viene annunciato un discorso del rais alla nazione. Passano le ore e non accade nulla. Nella notte, poi, una breve apparizione del leader libico. Il colonnello seduto in una sorta di pulmino bianco e protetto da una grande ombrello bianco si rivolge alla telecamera della tv di Stato solo per smentire di essere fuggito dalla Libia. "Sono a Tripoli, non sono in Francia o in Venezuela", assicura. Dopo aver pronunciato queste poche parole il leader libico saluta, chiude l'ombrello e rientra nel veicolo senza aggiungere altro. Potrebbe essere stato girato ovunque. E i dubbi restano intatti. Intanto si dimette il ministro della Giustizia in polemica con l'uso eccessivo della forza. La condanna dell'Onu e dell'Europa.
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